#StopSeaDrilling: sabato 20 giugno camminata e giornata di mobilitazione a Lido di Dante

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#StopSeaDrilling è l’iniziativa che sabato 20 giugno si svolgerà a Lido di Dante – nella piazzertta sul lungomare – per fermare le estrazioni in Adriatico e la subsidenza. La giornata di mobilitazione dalle 9 alle 21 comprende il Banchetto informativo sul rischio delle trivellazioni in alto adriatico, alle ore 12,30 ristoro offerto dal circolo ai volontari presenti; alle ore 16,00 camminata e pedalata fino alla foce del Bevano attraversando la pineta bruciata; alle ore 20,00 per tutti i volontari piccolo offerto dal circolo; infine alle 21,30 Musica e piano bar proposto dal Comitato Cittadino. 

 

L’iniziativa è a cura di Legambiente con il sostegno del Comitato Cittadino di Lido di Dante, del Circolo Libertà e Giustizia di Ravenna, del Comitato per la Legalità e la Democrazia di Ravenna e del Comitato in difesa della Costituzione di Ravenna.

 

Su questo tema Vincenzo Balzani Professore Emerito di Chimica all’Università di Bologna ha scritto una LETTERA APERTA al Presidente del Consiglio dei Ministri Matteo Renzi, al Ministro dello Sviluppo Economico Federica Guidi, al Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare Gianluca Galletti, al Presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, al Sindaco di Ravenna Fabrizio Matteucci. Ecco il testo sottoscritto anche da molti docenti e ricercatori e che costituisce la base del comitato #StopSeaDrilling.

 

LETTERA APERTA

Fermare l’ulteriore estensione delle trivellazioni davanti alle coste della provincia di Ravenna

Egregi signori, siamo il gruppo di docenti e ricercatori dell’Università e dei Centri di ricerca di Bologna che nell’ottobre scorso scrissero al Presidente del Consiglio e ai ministri interessati chiedendo, con uno spirito di leale e piena collaborazione, di aprire un dibattito sulla Strategia Energetica Nazionale. Incredibilmente, non abbiamo ricevuto neppure un cenno di risposta. Abbiamo anche messo in rete un appello sul sito energiaperlitalia.it al quale hanno aderito molte centinaia di docenti e ricercatori, oltre a numerosissimi cittadini. Come già sottolineato nella precedente lettera e nell’appello, bisogna rendersi conto che la fine dell’era dei combustibili fossili è inevitabile e che, in ogni caso, ridurne l’uso è urgente per limitare l’inquinamento dell’ambiente e per contenere gli impatti dei cambiamenti climatici. La transizione dai combustibili fossili alle energie rinnovabili sta già avvenendo in tutti i Paesi del mondo. In particolare, l’Unione Europea ha messo in atto una strategia basata sul noto Pacchetto Clima Energia 20 20 20 e sull’Energy Roadmap che si pone come obiettivo un contributo dell’80% da parte delle energie rinnovabili nel 2050. Le energie rinnovabili, infatti, non sono più una fonte marginale di energia, come molti vorrebbero far credere: oggi producono il 22% dell’energia elettrica su scala mondiale e più del 40% in Italia, dove il fotovoltaico da solo genera energia pari a quella prodotta da due centrali nucleari. La Strategia Energetica Nazionale, che il Governo ha ereditato da quelli precedenti, non segue la strada della transizione energetica. In particolare, col decreto Sblocca Italia il Governo ha facilitato e addirittura incoraggiato le attività di estrazione delle residue, marginali riserve di petrolio e gas in aree densamente popolate come l’Emilia-Romagna, in zone dove sono presenti città di inestimabile importanza storica, culturale ed artistica come Venezia e Ravenna, lungo tutta la costa del mare Adriatico dal Veneto al Gargano, le regioni del centro-sud e gran parte della Sicilia. Tutto ciò in contrasto con le affermazioni fatte in sedi internazionali di voler ridurre le emissioni di gas serra e, cosa ancor più grave, senza considerare che le attività di trivellazione ed estrazione ostacolano e, in caso di incidenti, potrebbero addirittura compromettere un’enorme fonte di ricchezza certa per l’economia nazionale: il turismo. Purtroppo, il Governo continua ad incoraggiare la dissennata ricerca di combustibili fossili nei mari italiani. Ministero dello Sviluppo Economico, con decreto n. 38 del 16 febbraio pubblicato sul Bollettino ufficiale degli idrocarburi e delle georisorse del 28 Febbraio 2015, ha infatti autorizzato la società petrolifera Po Valley Operations PTY LTD (permesso di ricerca A.R94.PY) ad ampliare le attività di ricerca di gas e petrolio in mare entro le 12 miglia dalla costa, nonostante una legge del 2010 vieti tali attività entro questi limiti. L’area in cui la società australiana potrà trivellare passa da 197 a 526 chilometri quadrati. Con la presente, sosteniamo con forza il ricorso fatto da Fondo Ambiente Italiano, Greenpeace, Legambiente, Marevivo, Touring Club Italiano e WWF presso il TAR del Lazio contro i ministeri dello Sviluppo Economico, dell’Ambiente, delle Infrastrutture e dell’Agricoltura e chiediamo al Presidente della Regione Emilia-Romagna Bonaccini e al Sindaco di Ravenna Matteucci di opporsi fermamente ad attività che minacciano coste, spiagge, aree protette e luoghi di grande valore turistico e pregio paesaggistico. Ribadiamo che l’unica via percorribile per stimolare una reale innovazione nelle aziende, sostenere l’economia e l’occupazione, diminuire l’inquinamento, evitare futuri aumenti del costo dell’energia, ridurre la dipendenza energetica dell’Italia da altri Paesi, ottemperare alle direttive europee concernenti la produzione di gas serra e custodire l’incalcolabile valore paesaggistico delle nostre terre e dei nostri mari consiste nella rinuncia definitiva ad estrarre le nostre esigue riserve di combustibili fossili e in un intenso impegno verso efficienza, risparmio energetico e sviluppo delle energie rinnovabili e della green economy. Nella speranza che si possa aprire un costruttivo dibattito sul problema energetico, sia in sede nazionale che regionale, auguriamo a voi tutti un proficuo lavoro per il bene dell’Italia.

 

Il Comitato

  • Vincenzo Balzani (coordinatore), Dipartimento di Chimica “G. Ciamician”, Università
  • Nicola Armaroli, Istituto ISOF-CNR
  • Alberto Bellini, Dipartimento di Ingegneria dell’Energia Elettrica e dell’Informazione “Guglielmo Marconi”, Università
  • Giacomo Bergamini, Dipartimento di Chimica “G. Ciamician”, Università Enrico Bonatti, ISMAR-CNR
  • Alessandra Bonoli, Dipartimento di Ingegneria Civile, Chimica, dell’Ambiente e dei Materiali, Università
  • Carlo Cacciamani, Servizio IdroMeteoClima, ARPA
  • Romano Camassi, INGV
  • Sergio Castellari, INGV
  • Daniela Cavalcoli, Dipartimento di Fisica ed Astronomia, Università
  • Marco Cervino, ISAC-CNR
  • Maria Cristina Facchini, ISAC-CNR
  • Sandro Fuzzi, ISAC-CNR
  • Luigi Guerra, Dipartimento di Scienze dell’Educazione «Giovanni Maria Bertin», Università
  • Giulio Marchesini Reggiani, Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università
  • Vittorio Marletto, Servizio IdroMeteoClima, ARPA
  • Enrico Sangiorgi, Dipartim. di Ingegneria dell’Energia Elettrica e dell’Informaz . “G.Marconi”Università
  • Leonardo Setti, Dipartimento di Chimica Industriale, Università
  • Micol Todesco, INGV
  • Margherita Venturi, Dipartimento di Chimica “G. Ciamician”, Università
  • Stefano Zamagni, Scuola di Economia, Management e Statistica, Università
  • Gabriele Zanini, UTVALAMB-ENEA

 

IL DOCUMENTO

NO OIL – StopSeadrilling un impegno comune per il futuro del mar Adriatico

Sono 36.823 i kmq del Mar Adriatico croato suddivisi in 29 macro aree da investigare per la ricerca di idrocarburi. Un’attività che andrebbe ad aggiungersi alle 9 le piattaforme di estrazione di gas in acque croate e a quelle presenti nelle acque italiane. Qui le aree interessate da attività di ricerca petrolifera ammontano a quasi 12.000 kmq. Sono 6 le piattaforme già attive per l’estrazione di greggio. Nell’Alto Adriatico italiano, invece, sono attive 39 concessioni per l’estrazione di gas, da cui si estrae il 70% del metano prodotto in Italia. La strada intrapresa da alcuni Paesi, Croazia e Italia in primis, giustificata secondo la logica di incrementare la propria economia e la propria indipendenza energetica nazionale, è miope, di breve durata ed anacronistica. Le quantità di idrocarburi in gioco, infatti, inciderebbe di poco sull’economia e sull’indipendenza energetica dei singoli Stati, la maggior parte del guadagno andrebbe a compagnie private, che vedrebbero incrementare le proprie casse personali mentre i rischi e i possibili danni ricadrebbero sulla collettività. Il Mar Adriatico è un ambiente estremamente fragile per le caratteristiche proprie di “mare chiuso” che definiscono un ecosistema molto importante e già messo a dura prova. In questo contesto si inseriscono le nuove attività di ricerca ed estrazione di idrocarburi con tutti gli impatti che comporterebbero non solo per l’ecosistema marino, ma anche per le attività che oggi costituiscono un’importante ricchezza per i Paesi costieri come la pesca e il turismo. Inoltre la questione della sicurezza delle attività estrattive è al centro della direttiva 2013/30/UE, in recepimento da parte degli stati membri. Un altro riferimento importante è anche la direttiva 2008/56/CE, riguardante la Strategia marina, che ha tra gli altri l’obiettivo del buono stato ecologico del mare al 2020 e prevede di valutare anche l’impatto cumulativo di tutte le attività per una gestione integrata del sistema marino-costiero. Alla luce di tutto questo chiediamo che siano messe in campo azioni per uscire dal petrolio e per tutelare il mar Adriatico, al di là dei limiti territoriali nazionali, con un impegno unitario su alcuni punti:

– fermare l’estrazione petrolifera nel mar Adriatico per scegliere un diverso sviluppo economico, sociale e ambientale;

– richiedere comunque l’avvio della procedura di VAS transfrontaliera, coinvolgendo tutti i Paesi costieri, per valutare l’impatto cumulativo delle attività di prospezione, ricerca e estrazione di idrocarburi;

– promuovere un’economia fossil free per un futuro pulito, efficiente e rinnovabile, aprendo prospettive di nuovi settori produttivi e con importanti ricadute anche occupazionali, oltre che ambientali. Un’azione determinante nelle politiche di contrasto ai cambiamenti climatici, su cui chiedere un impegno forte a livello internazionale già dalla prossima COP21, che si terrà a Parigi a dicembre;

– lanciare una vera e propria vertenza ambientale dell’Adriatico, che affonda le sue radici nella storia di una civiltà che ha visto il mare come elemento comune delle popolazioni costiere. Occorre innanzitutto ripartire dalla valorizzazione del patrimonio ambientale a beneficio delle comunità locali, del mare e del territorio;

– la tutela della biodiversità marina passa attraverso il rilancio di un’economia legata ad una pesca sostenibile che eviti lo sfruttamento delle specie più consumate e la promozione di una nuova idea di turismo legato al mare che faccia della sostenibilità ambientale il suo punto di forza;

– per affrontare la centralità della questione ambientale in Adriatico occorre una assunzione nuova da parte di tutti. In questo contesto la richiesta della istituzione dell’area sensibile nell’Alto e Medio Adriatico, può dare un quadro di certezza e di norme agli interventi necessari per la tutela e la valorizzazione di questa grande risorsa.

Per realizzare tutto questo ci impegniamo fin da subito per una collaborazione importante fra tutti i Paesi costieri, con il concorso di tutte le realtà associative, istituzionali, politiche ed economiche delle sue coste, per l’avvio di un percorso comune. 

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