Al Comunale di Russi “Nella lingua e nella spada in solo”. Elena Bucci: “La ricerca per la libertà del nostro spirito è vitale”

“Nella lingua e nella spada in solo” è  un progetto di musica e teatro ispirato alle vite e alle opere della giornalista e scrittrice Oriana Fallaci e del rivoluzionario greco Aléxandros Panagulis, con elaborazione drammaturgica, regia e interpretazione di Elena Bucci. Lo spettacolo andrà in scena venerdì 8 aprile 2022 dalle 20,45 al Teatro Comunale di Russi ed è prodotto da Ravenna Festival e sostenuto da Regione Emilia-Romagna e Comune. La rappresentazione consiste in un melologo di più anime. Fallaci e Panagulis si incontrano per un’intervista il giorno in cui Alekos, incarcerato per un attentato al dittatore Papadopoulos, viene liberato grazie ad un forte movimento internazionale e restano allacciati, fra discussioni, lotte per la libertà, allegria, solitudini e speranze, fino alla morte di lui per un misterioso incidente, nel 1976. Alekos trova nella poesia una cura per resistere alla violenza della tirannia e del carcere; Oriana fa del suo lutto un libro. Irriducibili, spesso isolati e solitari, mai vinti nella vitalità e nell’energia, trasformano il dolore in scrittura, memoria di tutti, un tesoro al quale attingere quando manca il coraggio. Elena Bucci racconterà con le parole di lei e di lui, di quell’epoca, di quella terra e della sua, dell’entusiasmo per alcuni artisti – eroi? – che vissero l’orrore della dittatura senza piegarsi, cantando: nella lingua e nella carta è la loro spada. Grazie a loro Elena Bucci allarga il suo sguardo di fortunata nata in tempo di pace fino al limite del buio che si avvicina. Luigi Ceccarelli crea la drammaturgia musicale integrandovi le improvvisazioni di Michele Rabbia e Paolo Ravaglia, mentre voce e movimenti dialogano con il suono. Sullo sfondo è la musica greca, che ha saputo accogliere la musica latina, araba e balcanica fino a farne una sintesi che ci identifica tutti in un unico linguaggio.

Elena Bucci_Spada

L’INTERVISTA

“La prima vittima dei tiranni è il loro spirito. Prima a quello mettono le catene.” Partirei proprio da questa citazione che suona dannatamente attuale. Qual è l’antidoto al veleno che sprigionano questi personaggi?

“Attraverso le loro parole, le loro azioni e la bellezza dei loro scritti ci comunicano quanto sia vitale la ricerca della libertà, quanto sia bello e gioioso porsi grandi obiettivi, come la solidarietà, la pace, la fratellanza. Si sa che non potremo mai raggiungerli alla perfezione, ma ogni piccolo passo diventa una ragione di vita e una grande soddisfazione. Sia Alekos che Oriana, attraverso ogni coraggiosa azione della loro vita, nelle poesie, nei libri, non fanno altro che testimoniare, pagando di persona, quanto sia importante lottare perché ognuno di noi, nel rispetto di tutti, possa esprimersi e vivere per quello che è, possa con orgoglio dispiegare le sue qualità e adempiere il misterioso compito per il quale è nato. I tiranni sono talmente infelici da costringere tutti all’infelicità più cieca. Oriana e Alekos ci parlano ancora all’orecchio e ci sussurrano che anche se siamo da soli, anche se ci sentiamo impotenti e imprigionati, possiamo testimoniare con ironia ed allegria la libertà del nostro spirito, e questa azione, anche se repressa, lascerà una lunga scia nel futuro”.

Potresti chiarire ai lettori che cos’è un melologo? A quali vicende si ispira “Nella lingua e nella spada in solo”?

“Melologo significa che la mia voce si intreccia con piacere alla tessitura delle musiche composte espressamente per questo spettacolo da Luigi Ceccarelli con il contributo di Michele Rabbia e Paolo Ravaglia. E’ una bellissima pratica che da tempo conduco e che mi ha portato a conoscere tanti straordinari musicisti e ad aprirmi a molteplici collaborazioni che hanno cambiato il mio modo di pensare e vivere il teatro, che ora è più libero e mutevole.
Mi ispiro alle vite e alle opere della straordinaria scrittrice e giornalista Oriana Fallaci e del poeta e rivoluzionario Alekos Panagulis. Panagulis attentò alla vita del tiranno Papadopoulos, arrivato al potere in Grecia dopo un colpo di stato militare nel 1967. Panagulis, che era militare per amore della patria, disertò e tentò di ucciderlo. Fallì – e spesso lui dice di essere felice di non essere diventato assassino anche se rivendica le ragioni dell’omicidio politico in una dittatura – fu incarcerato e torturato per cinque anni. Anche per merito di un grande movimento d’opinione internazionale fu graziato. Il primo giorno di libertà, incontrò Oriana, che si era precipitata ad intervistarlo ad Atene, nella sua casa sul mare. Spiriti liberi, solitari, in cerca di giustizia, si trovano e non si lasciano più, fino alla morte di Alekos in un incidente d’auto che fu certo un omicidio. Cercano sempre nuove strade per inventare l’amore, l’azione politica, la scrittura. Oriana Fallaci è stata una delle prime giornaliste – e donne – ad andare sul fronte delle guerre, ad intervistare prigioniere e prigionieri politici, ad intervistare i potenti della terra scrivendo libri che hanno fatto la storia”.

Sotto quali aspetti Alekos Panagulis e Oriana Fallaci hanno influenzato la tua arte?

La nostra arte è sempre più schiava del mercato, delle decisioni di organizzatori e dirigenti che spesso frequentano poco i teatri, gli artisti, il pubblico ma che piegano qualità, libertà artistica e talenti ai dettami di una società ormai esangue, pur di mantenere posizioni e potere. Sarebbe facile perdere coraggio, adulare, connivere, seguire i comandamenti dati. Alekos e Oriana insegnano a capire quanto siamo fortunati rispetto ad artisti di altre epoche e latitudini, incoraggiano a deporre lamenti e scuse e a procedere verso i nostri destini con grazia e gentilezza, ma anche con inflessibile amore per la qualità e consapevoli che il compito dell’artista è molto ampio e non permette vigliaccherie e cecità. Non è per
niente facile, si sbaglia continuamente, anche Alekos e Oriana tentano, cadono, ci riprovano, ma senza scoraggiarsi mai, senza arrendersi, con vitale spirito ironico e un’intelligenza cristallina. Anche questa tenacia ci lasciano in eredità”.

La musica greca svolge una funzione importante nel melologo. Per te cosa significa?

“Non è tanto la musica greca quanto la sua forza di inglobare in sé tradizioni e sonorità diverse e antichissime. La sua varietà e apertura ci fa capire quanto sia bello partecipare senza chiusure e senza pregiudizi alle diverse bellezze di ogni musica e di ogni cultura”.

Il perseguimento di un ideale che va oltre la propria vita. Un concetto estremo, che al giorno d’oggi pare quasi impensabile. In che modo hai voluto tradurlo?

“Avere un ideale, potere condividerlo con altri, sentire di camminare insieme verso la pace, la fratellanza, la solidarietà, la vicinanza, la complicità, mi pare la cosa più vicina alla felicità che possa esistere, mi pare ci avvicini a quel sentimento di eternità che ci fa sentire ancora presenti non solo i nostri cari scomparsi, ma anche tutti i nostri simili nelle loro ricchezze e differenze, nei loro errori e nelle loro splendide vittorie. Mi pare che il teatro e le arti possano essere una porta aperta verso questo immenso patrimonio di vite vissute, di storia, di sogno verso il futuro. Io le vivo così. Nono sono mai sicura di quello che riesco a trasmettere e a tradurre, ma lavoro e creo restando salda in questa via, come un fabbro che batte sul ferro”.

Concluderei chiedendoti com’è la situazione per i lavoratori dello spettacolo attualmente dopo due anni di pandemia…

“Questo tema meriterebbe spazio e tempo e mi auguro che ci siano molte occasioni per parlarne in futuro. Ti ringrazio per questa domanda. Penso che teatro, musica, danza, cinema, letteratura stiano vivendo trasformazioni molto difficili da affrontare e che si stia rischiando di disperdere un grande patrimonio di sfumature, differenze, colori, sentimenti, vicinanze, consonanze, ideali, proprio come si sta esaurendo e impoverendo il patrimonio naturale del nostro pianeta. I segnali d’allarme stanno suonando tutti insieme, in un coro unanime che ci implora di riflettere, cambiare rotta, aprire cuore e mente e trovare nuove vie per vivere al meglio le ricchezze che abbiamo avuto in dono e che rischiamo di non vedere più, di dare per scontate, distruggendole senza rimedio. Credo che le arti abbiano una grande funzione in questa grande e collettiva operazione di risveglio e rinnovamento”.