Ravenna. Oltre 100.000 euro di danni da fauna selvatica nelle 7 CAB del territorio

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Solo nell’ultimo anno i danni causati alle 7 Cooperative Agricole Braccianti di Ravenna dalla fauna selvatica ammontano a più di 100.000 euro, portando il rischio di importanti riflessi negativi sull’occupazione agricola e sulla redditività aziendale. Lo dice Legacoop Romagna.

«Nel nostro territorio occorrono piani di controllo ancora più incisivi e sostenuti con convinzione dall’azione delle istituzioni locali e statali – spiega Stefano Patrizi, responsabile agroalimentare di Legacoop Romagna – in alcuni casi infatti alcune CAB sono state costrette a rinunciare ad importanti opportunità colturali».

Alcune specie tradizionalmente migratorie, col cambiamento climatico sono diventate stanziali nelle nostre zone trovando condizioni ottimali al loro sviluppo, con gravissimo impatto per le colture, come ad esempio colombacci e oche: per questo occorrerebbe allungare i calendari venatori per fare fronte agli anticipi e ai ritardi delle raccolte.

Continua la compromissione delle produzioni agricole sui 12.000 ettari che i 630 lavoratori delle CAB conducono, da Cervia a Conselice, passando da Ravenna e la Bassa Romagna, a causa di diverse specie di fauna selvatica, la cui diffusione è ormai fuori controllo.

Piccioni, colombi e colombacci sono sterminatori di grano, soia, girasole, granturco e svariate colture da seme, con una particolare predilezione per i terreni freschi di semina. Addirittura non mancano i danni ai laghetti di pesca sportiva con i cormorani che mangiano i pesci, o quelli dei gabbiani che svellono le piantine e rompono gli impianti per l’irrigazione.

Le nutrie, vista la loro natura di animali fossori, continuano ad accrescere il rischio per la tenuta del delicato assetto idrogeologico del territorio, in particolare nei pressi dei corsi d’acqua. Daini, cinghiali e, di recente, anche caprioli, sono particolarmente attratti dalle colture da seme quali, pisello, bietola, carote divenute oramai fonti regolari di alimentazione per questo tipi di animali.

«Le cooperative continuano a segnalare i danni con l’unica speranza di sensibilizzare le istituzioni nella predisposizione di piani di controllo più efficaci – continua Patrizi – non essendoci più le condizioni per un riconoscimento economico concreto per i danni. Le politiche per la dissuasione e il contenimento, già difficilmente attuabili dalle aziende agricole, per quelle di notevole estensione come le CAB sono inapplicabili, lasciandole così senza copertura per i danni e senza reali possibilità di difesa. Oltre al prezzo economico ed occupazionale, le aziende agricole non dovrebbero esser costrette a sostenere anche i costi per la difesa attiva che, su grandi superfici, diventano altamente onerosi a fronte di un contributo previsto, per la loro realizzazione, minimale».

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