Osservatorio dell’Economia e del Lavoro Ires Emilia-Romagna: la qualità dell’aria in Regione registra un peggioramento

Ogni anno l’Osservatorio dell’Economia e del Lavoro dell’IRES ER dedica un capitolo ad alcuni dei principali indicatori dell’ambiente e del territorio. Di seguito i punti di vista espressi dall’Osservatorio sul clima, sul rischio idrogeologico e sulla gestione dei rifiuti:

La qualità dell’aria: i limiti superati (dagli eventi)

“Considerando la concentrazione di PM10 e PM 2.5, la qualità dell’aria in Emilia-Romagna registra nel 2022 un peggioramento rispetto all’anno precedente. Se nel 2021 la concentrazione media annua di PM10 era di 24 microgrammi per metro cubo (μg/m3), nel 2022 la concentrazione è di 27. Il 2022, insieme al 2020, è l’anno peggiore dal 2017. Il peggioramento riguarda anche la concentrazione di PM2.5, che passa da 16 a 16,5 μg/m3. I valori restano al di sotto dei limiti di legge fissati nei 40 μg/m3 per le PM10 e di 25 per le PM2.5, tuttavia, è proprio il riferimento normativo a dover destare attenzione. Già nel 2021, infatti, l’OMS ha raccomandato di portare a 15 μg/m3 e 5 μg/m3 la concentrazione limite di – rispettivamente – PM10 e PM2.5. L’Emilia-Romagna fa registrare valori nettamente al di sopra di tali limiti.

L’altro indicatore normalmente utilizzato è quello dei superamenti della media giornaliera di 50 μg/m3 per il PM10, ammessi per non oltre 35 giornate. Limite superato nel 2022 in 12 stazioni sulle 43 presenti in regione. Gli sforamenti più importanti hanno riguardato la stazione di Modena Giardini, dove il limite giornaliero è stato superato per 75 giornate e quella Timavo, di Reggio Emilia, con 64 giornate.

Insomma, se molto si è fatto per la riduzione delle emissioni, molto altro c’è da fare, soprattutto considerato che le condizioni climatiche, favorite dalle elevate di concentrazioni di polveri sottili e dall’emissione di gas climalteranti, tendono a favorire a loro volta la concentrazione e la stagnazione degli agenti dannosi per l’organismo umano”.

Un clima all’insegna delle anomalie

“Oltre la conformazione del territorio, condizioni climatiche di scarsa piovosità sono una concausa della forte concentrazione di polveri sottili. L’estate del 2022 è stata infatti l’apice di un lungo periodo siccitoso che si è protratto dal 2021 e che ha caratterizzato buona parte del 2023 e che si è in qualche modo concluso con i fenomeni eccezionali verificatisi tra l’1 e il 17 maggio 2023, con le conseguenti alluvioni in pianura e frane nelle zone montane.

Più in generale, sia il 2022 che il 2023 sono stati anni molto caldi, con anomalie termiche da record che nel 2023 hanno portato la temperatura media a 1.24° in più rispetto alla media climatica 1991-2020. In entrambi i casi a inverni particolarmente miti, con temperature medie nettamente al di sopra del clima di riferimento, hanno succeduto primavere più fredde, con picchi che hanno portato a gelate tardive. Mentre però il 2022 è stato particolarmente secco, con -212,4 mm di pioggia rispetto al clima di riferimento 1991-2020, nel 2023 l’anomalia pluviometrica è stata pari a -2mm. Dopo l’avvio all’insegna della siccità, infatti, piogge abbondanti e molto concentrate hanno ridotto il deficit e causato i disastrosi eventi di maggio. Da un lato, infatti, la siccità prolungata ha favorito l’impermeabilizzazione del suolo e la riduzione della vegetazione, favorendo il veloce scorrimento dell’acqua e l’accumulo di acqua e detriti a valle, dall’altro, la concentrazione di fenomeni di grande intensità ha velocemente saturato il suolo, determinando piene ed esondazioni anche a monte e nei tratti non arginati dei corsi d’acqua. È in questo quadro che la cura del territorio, a monte e a valle, e dei sistemi di monitoraggio diventano i capisaldi della strategia di adattamento ai cambiamenti climatici”.

Rischio idrogeologico e consumo di suolo

“La morfologia del territorio regionale è senz’altro uno degli elementi chiave per comprendere gli eventi del maggio 2023. Con l’11,5% di territorio a rischio idraulico elevato, cioè con probabilità di ritorno comprese tra i 20 e i 50 anni, e il 4,9% di territorio ad elevata pericolosità franosa è evidente che la probabilità che simili fenomeni si verifichino è elevata. Se da un lato si rendono necessari gli interventi atti alla mitigazione dei danni, non si può trascurare l’importanza decisiva che il consumo di suolo e l’antropizzazione rivestono per la crescita del rischio idrogeologico.

Nonostante la legge regionale del 2017, finalizzata all’azzeramento del consumo di suolo entro il 2050, nel 2022 si è registrato, in base ai dati Ispra, un ulteriore aumento di suolo consumato, pari a 635,3 ettari (+0,3% rispetto al 2021). L’Emilia-Romagna resta così la quarta regione in Italia per copertura del suolo. Tra le province, Rimini guida la classifica del consumo di suolo con il 12,5%, seguita da Reggio nell’Emilia, Modena e Ravenna, dove esso è compreso tra il 10 e l’11%. Rimini è però anche la provincia con la maggior quota di suolo consumato in aree ad elevata pericolosità idraulica (25,5%). Guardando infine agli incrementi, nel 2022, Piacenza e Bologna sono le province a maggior crescita del consumo di suolo”.

I rifiuti urbani: produzione senza pari

“L’Emilia-Romagna è la regione italiana con la più alta produzione di rifiuti per abitante. Nel 2022 le oltre 2,8 tonnellate di rifiuti prodotte portano la produzione pro-capite a 633,4 kg dai 640,7 Kg del 2021. La variazione è del -1,14%, sulla base dei dati Ispra.

A migliorare nel 2022 è anche la raccolta differenziata. Con la sola eccezione di Ferrara e di Rimini, che vedono la percentuale di raccolta differenziata in decremento rispetto al 2021, in tutte le altre province la raccolta differenziata cresce. In particolare, ciò avviene a Ravenna, che passa dal 62,1 al 70,5%. Anche Bologna segna un incremento significativo, pari a 2 punti percentuali rispetto all’anno precedente, arrivando così al 69,3%. Il dato bolognese, nonostante il segno positivo, resta comunque ben al di sotto di quello medio regionale che nel 2022 arriva al 74% mentre era del 72,2% nel 2021.

La performance in materia di differenziazione è comunque ridimensionata dall’elevata produzione su cui pesa la cosiddetta popolazione fluttuante, quella cioè non residente, della quale non si tiene conto nel calcolo della produzione pro-capite. I flussi turistici determinano infatti una forte pressione sui sistemi di raccolta. I dati provinciali del 2022 mostrano che la produzione pro-capite di rifiuti è molto al di sopra del dato regionale nelle province di Reggio nell’Emilia, Ravenna, Piacenza e Rimini con, rispettivamente, 744, 719, 702 e 690 Kg per abitante. Ma è soprattutto per Rimini e Ravenna, in quest’ordine, che la produzione pro-capite di rifiuti indifferenziati si porta a valori molto distanti da quelli regionali con 219 e 212 Kg per abitante a fronte dei 164 Kg per l’intera regione. Al contrario, l’elevato livello di differenziazione per Reggio nell’Emilia, porta il peso di rifiuti indifferenziati per residente a 132 Kg circa, il secondo più basso in regione dopo Parma (120,4 Kg). Anche nel 2022, infine, Comacchio è il comune con la produzione di rifiuti urbani per abitante più significativa (1.501 Kg per abitante), seguito da Cavriago, nel reggiano (1.410 Kg)”.