“Né privilegi, né disparità. Per Giulia Ballestri”: in piazza contro presenza di Cagnoni a Ravenna

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Udi – Unione Donne Italiane di Ravenna, Linea Rosa, Associazione dalla parte dei minori di Ravenna insieme alla Casa delle Donne hanno organizzato questa sera – mercoledì 12 dicembre – l’annunciata fiaccolata per protestare contro il trasferimento di Matteo Cagnoni a Ravenna. Oltre cento persone fra cui diversi uomini – sfidando il freddo – hanno partecipato all’iniziativa in Piazzetta Serra. Niente cartelli, niente slogan ma solo fiaccole e una frase: “Né privilegi, né disparità. Per Giulia Ballestri” scritta sull’unico striscione in testa alla manifestazione a due passi dal monumento in mosaico che funge da monito contro ogni violenza e femminicidio che colpiscono le donne. 

 

Le organizzatrici hanno ricordato le motivazioni della loro iniziativa leggendo l’appello inviato a varie autorità – fra cui il Ministro di Grazia e Giustizia Bonafede – per chiedere il trasferimento di Matteo Cagnoni da Ravenna ad un altro carcere. Ecco il testo, da noi già pubblicato, ma che riproponiamo in questa occasione.

 

In data 25 novembre 2018, giornata internazionale per il contrasto alla violenza maschile contro le donne, al seguito della grande manifestazione celebrata a Roma sabato 24 e che ha visto la partecipazione di almeno duecentomila persone, nei quotidiani nazionali e locali è apparsa la notizia del ritorno-trasferimento di Matteo Cagnoni dal Carcere Dozza di Bologna alla casa circondariale di Ravenna a far data da venerdì 23 novembre. Per dovere di cronaca proprio nella mattinata del 23 novembre si era tenuto a Ravenna un seminario rivolto agli operatori e alla cittadinanza sul tema degli orfani speciali -orfani dei femminicidi. Tale evento rientrava nella Rassegna “Una Società per Relazioni” organizzata dal Comune di Ravenna per promuovere la cultura del rispetto e dei diritti delle donne contro ogni forma di discriminazione. Non possiamo nascondere quanto la concomitanza dei due eventi abbia provocato prima sconcerto e poi indignazione, non solo fra le associazioni da sempre impegnate nella lotta contro la violenza di genere ma anche nella cittadinanza tutta.

Alla luce della notizia così come apparsa sui quotidiani, il trasferimento concesso a Cagnoni appare oltremodo singolare se solo si considera da un lato, il suo status di condannato in primo grado alla pena dell’ergastolo per il femminicidio di Giulia Ballestri e dall’altro, la peculiarità dell’istituto penitenziario di Ravenna che, quale casa circondariale, prevede la presenza di detenuti in attesa di giudizio o condannati a una pena non superiore ai cinque anni o con un residuo di pena inferiore ai 5 anni. Quanto affermato discende direttamente dal Titolo Secondo, Capo 1 della Legge 26.7.1975, n. 354 laddove sono individuati i singoli istituti penitenziari. In corrispondenza, pertanto, del disposto normativo, Cagnoni Matteo nel mese di agosto, veniva trasferito dalla Circondariale di Ravenna al Carcere della Dozza. Per quale ragione il 23 novembre scorso Matteo Cagnoni ritorna alla circondariale di Ravenna? Pur in assenza delle motivazioni a sostegno di tale provvedimento, non possiamo non sottolineare il contrasto di quanto disposto con le norme di riferimento. Si dice le condizioni di salute, l’acutizzazione degli “attacchi di panico” e la lentezza degli interventi e dei controlli sanitari esperibili alla Dozza, superabili invece presso la casa circondariale di Ravenna. Se da un lato mai deve venir meno la tutela dei diritti fondamentali della persona detenuta, come la salute e il diritto alle cure mediche, è pur vero che l’Ordinamento Penitenziario prevede centri clinici penitenziari proprio per garantire tali diritti: e non pare che Matteo Cagnoni si sia rivolto al centro clinico di riferimento.

E allora ci chiediamo: se il trasferimento è avvenuto per infliggere minor sofferenza sul detenuto, e gli altri detenuti della Dozza? Può assumersi quindi che il carcere bolognese non soddisfi il principio dell’umanità della pena così come enunciato dall’art. 27, comma 3 della Carta Costituzionale? L’acutizzazione della patologia e il mancato supporto sanitario sufficiente, indicati a favore del trasferimento parrebbero costituire un corridoio preferenziale per il detenuto Cagnoni. Questo a discriminazione della restante popolazione detenuta alla Dozza (per non dire dell’intera popolazione carceraria) e in aperta violazione del principio di uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge. Ma violazione altresì del principio territoriale della pena che favorisce il criterio di destinazione dei detenuti in istituti prossimi alle residenze delle famiglie (art. 42, comma 2, O.P.).

 

 

 

Nessuno dei familiari di Cagnoni Matteo, come noto, risiede a Ravenna. Di contro risiedono a Ravenna i genitori, il fratello e i tre figli minorenni di Giulia Ballestri, di cui lo stesso ha perso la potestà genitoriale (già sospesa dal Tribunale per i minori dell’Emilia Romagna e confermata dalla sentenza di primo grado). Nel provvedimento di trasferimento,nessuna umanaconsiderazione è stata svolta in ordine a quest’ultima circostanza. Eppure: la normativa internazionale, la Convenzione di Istanbul (dal 2014 in vigore in Italia) e la recente normativa c.d. sulle vittime di femminicidio, L. 26/2018, impone la necessità sempre più urgente di valutare il danno e le conseguenze che il femminicidio arreca alle c.d. vittime collaterali. Ancora una volta un silenzio assordante rimbomba sugli orfani del femminicidio. Nessuno si è interrogato e si interroga sulla ricaduta che tale trasferimento ha generato oggi, nella vita e nella crescita dei tre figli della vittima che nella città di Ravenna crescono, vanno a scuola, fanno sport, crescono senza la madre, uccisa dal loro padre (come da dispositivo della sentenza diprimo grado).

Tutto ciò senza ulteriormente considerare e valutare il comportamento del Cagnoni all’interno della Casa circondariale di Ravenna nei mesi di detenzione ivi trascorsi. A tale riguardo, anche nel lungo processo dibattimentale innanzi alla Corte d’Assise di Ravenna sono stati rappresentati situazioni di disputa e contrasto con altri detenuti e con almeno un agente di Polizia Penitenziaria (procedimento penale, quest’ultimo, definitosi con un’archiviazione ma indicativo del temperamento del detenuto). Per questo non solo non si comprendono le ragioni di tale trasferimento ma si vuole qui sottolineare un totale contrasto con i principi fondamentali del nostro Ordinamento. Chiediamo quindi, con la presente, di conoscere le motivazioni che hanno portato l’Amministrazione Penitenziaria alla decisione di trasferire il detenuto Matteo Cagnoni presso la Casa Circondariale di Ravenna e, alla luce delle considerazioni sopra esposte, chiediamo altresì che l’Autorità decidente voglia rivedere il relativo provvedimento disponendo il trasferimento del citato detenuto presso altra Casa Circondariale o Carcere o centro clinico penitenziario idoneo a tutelare e garantire la salute dello stesso, in ossequio al principio di territorialità della pena oltre che di non discriminazione ma soprattutto, nel rispetto dei diritti delle vittime del femminicidio di Giulia Ballestri: della madre, del padre, del fratello e dei tre figli minorenni, tutti residenti nella città di Ravenna.

 

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