Femminicidio di Elisa Bravi: Riccardo Pondi condannato all’ergastolo dalla Corte d’Appello di Bologna. A Ravenna la condanna fu di 24 anni

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Giovedì 22 settembre – tutto in una giornata – la Corte d’Assise d’Appello di Bologna ha celebrato il processo di secondo grado a carico di Riccardo Pondi, condannato dal Tribunale di Ravenna a 24 anni di carcere per il femminicidio della moglie Elisa Bravi, avvenuto nella notte fra il 18 e il 19 dicembre 2019 in una villetta di Glorie di Bagnacavallo (omicidio commesso alla presenza delle figlie in tenera età). La Corte di Bologna ha riformato la sentenza di primo grado, condannando l’imputato all’ergastolo.

Contro la sentenza di primo grado si erano appellate non solo la Pubblica Accusa sostenuta dalla dottoressa Lucrezia Ciriello – che aveva chiesto la condanna di Pondi all’ergastolo – e la difesa dell’imputato, sostenuta dagli avvocati Ermanno Cicognani e Francesco Manetti, ma anche le avvocate delle associazioni parte civile al processo (Udi, Dalla parte dei Minori, Demetra donne in aiuto). In particolare, nel suo appello la dottoressa Ciriello contesta le modalità con cui si è arrivati a determinare l’entità della pena.

Come è possibile, si era chiesta la PM, che nella determinazione e nel giudizio di bilanciamento della pena venga dato un peso così importante al comportamento di Pondi che dopo l’assassinio tentò di rianimare la moglie, chiamò i soccorsi e confessò spontaneamente il delitto, al punto da “assegnarne un peso equivalente rispetto alla gravità dell’uccisione della moglie davanti alle bambine?”.

Le bambine, insisteva la dottoressa Ciriello sollevando un tema, quello della violenza assistita, di cui si è parlato troppo poco, anzi quasi per niente, nel corso delle udienze ravennati, “non solo assistono, ma partecipano. Pondi di questo deve rispondere dinanzi alla legge: dell’omicidio efferato della moglie, della condanna inflitta a due bambine che dovranno ricordare a vita quei lunghissimi minuti di straziante agonia della mamma, la violenza del padre, la propria impotenza di rispondere alle richieste di aiuto di Elisa”.

Dal canto loro i difensori di Pondi avevano sempre sostenuto l’incapacità di intendere e di volere di Pondi al momento del femminicidio e avevano chiesto in sostanza che venisse fatto un nuovo processo “rispetto alla necessità dell’affidamento di un nuovo incarico peritale volto ad accertare la sussistenza della capacità di intendere e di volere in capo a Riccardo Pondi all’epoca del delitto”. Una richiesta che si fonda anche sull’elaborato a firma del dottor Mario Massimo Mantero, specialista in Psichiatria, Criminologia clinica e Psicopatologia forense che viene contestualmente nominato consulente di parte. Sono molte le contestazioni mosse dal dottor Mantero alla perizia effettuata dal perito nominato nel corso del primo processo dal Tribunale di Ravenna, il dottor Michele Sanza.

La Corte ha sostanzialmente accolto in toto la tesi dell’accusa e aggravato la pena per Riccardo Pondi, fino a portarla al massimo consentito, l’ergastolo. Le attenuanti generiche sono state concesse al Pondi ma considerate chiaramente subordinate e non equipollenti alle aggravanti (in particolare il fatto che il delitto sia stato compiuto davanti alle due figlie piccole e che tecnicamente il delitto ha richiesto un accanimento dell’imputato sulla vittima per molti minuti). Allo stesso tempo sono state rigettate le istanze della difesa. A presiedere la Corte nell’udienza del 22 settembre il dottor Orazio Pescatore. Giudice a latere Enrico Saracino. A rivestire il ruolo di Pubblica Accusa il sostituto procuratore generale Massimiliano Rossi.

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Commenti

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  1. Scritto da armando

    Ora è finita !!! Basta aule di tribunali !!! condanna definitiva e si chiude!!! La Giustizia ha fatto il suo corso e lui stia in galera per sempre !!!!

  2. Scritto da Roberto B.

    Non è finito niente.
    Anche altri portano il peso morale di accadimenti simili; solo il definitivo tramonto di certa mentalità maschile, diffusa sopratutto per questioni culturali ed anagrafiche porterà, forse e spero (poco), ad alleviare il problema.

  3. Scritto da avv.annalisa porrari

    L’articolo non è esatto su un punto. Le avvocate delle associazioni femminili costituite parti civili NON possono avere impugnato la sentenza sulla pena. Infatti le parti civili per legge NON possono impugnare mai sulla pena Ma solo sulle statuizioni civili.
    Sono l’avvocato di parte civile che ha rappresentato e difeso la famiglia di BRAVI ELISA.
    avvocato Annalisa Porrari