Roberto Cantagalli, ravennate di ritorno, al Mar per creare il futuro: “quando si guarda sempre al passato le polemiche diventano patologiche”

Roberto Cantagalli, 53 anni, ravennate, torna nella sua città per cercare di smentire l’adagio e di diventare profeta in patria. La sua plancia di comando è al Mar, dove lo incontro. Lui torna per rendersi utile alla causa della cultura e, nella fattispecie, del Museo della città, dice. Chissà chi gliel’ha fatto fare? Stava così bene a Comacchio, la piccola Venezia, dove era una sorta di plenipotenziario alla cultura. Da quel groviglio di canali che in certe stagioni sprigionano una struggente poesia passa al groviglio di acide polemiche che accompagnano il Museo cittadino tutto l’anno, da quando ha lasciato l’incarico Claudio Spadoni. È un attimo. Qui trova baruffe provinciali che tirano in mezzo non solo i vivi ma anche i morti e si discetta se le opere d’arte non siano da mostrare bensì da distruggere. Una botta di vita!

Mar Museo

E poi dicono che uno i guai se li va a cercare! Ma Cantagalli evidentemente ama le sfide e in più ha una certa nostalgia di tornare nella sua città. Appare tranquillo anche se conscio che non gli sarà risparmiato nulla. Ma sa anche che la “rottura” necessaria al Mar è già stata operata anni fa e, dunque, il peggio potrebbe essere passato e il nuovo direttore ora potrà dedicarsi soprattutto alla parte construens della faccenda. In lui non c’è traccia di nervosismo né di ombrosità, non cerca confronti con nessuno, vuole semplicemente cercare la sua strada per il Mar, insieme alla squadra che ha intenzione di costruire. Abbozza le sue idee sul museo (che diventeranno presto un piano strategico), calmo e in modo aperto, con bonomia oltre che con una buona dose di simpatia. Penso a quanta acqua scorrerà sotto i ponti prima che anche lui diventi oggetto degli immancabili attacchi e rischi di perdere l’attuale invidiabile serenità. Chi lo sa?

Nel 1994 Roberto Cantagalli si laurea in Giurisprudenza all’Università di Bologna con il punteggio 110/110 e lode. Titolo della tesi: Il contratto di apertura di credito nella recente evoluzione giurisprudenziale. L’abilitazione all’esercizio della professione di avvocato è conseguita presso la Corte d’Appello di Bologna nella sessione d’esami 1997/98. Vanta poi un master universitario in city management sempre presso l’Alma Mater, Facoltà di Economia, sede di Forlì. Titolo del project work: Le fondazioni di partecipazione per la gestione degli istituti culturali – prospettive ed opportunità per il Comune di Cervia (2005/2006).

A lungo lavora per il Comune di Cervia, dal 2006 al 2014, come responsabile del Servizio Turismo con incarico di Posizione Organizzativa. Poi arriva l’incarico a Comacchio (che conserverà fino a settembre prossimo) con tanti importanti progetti all’attivo. Citiamo per tutti il coordinamento del progetto finalizzato all’apertura del Museo Archeologico Delta Antico di Comacchio (inaugurato nel marzo 2017). È stato coordinatore anche della candidatura di Comacchio Capitale Italiana della Cultura 2018 (poi la città del delta arrivò seconda, come Ravenna per l’Europa). È ideatore e coordinatore infine del progetto per la realizzazione a Comacchio di un hub culturale denominato Casa delle Arti al cui interno è stata realizzata la prima scuola di musica di Comacchio.

A Comacchio è Dirigente a tempo indeterminato Settore Servizi alla Persona, Turismo e Istituti Culturali comprendente i seguenti servizi/uffici: Turismo e Marketing Territoriale, Cultura e Istituti Culturali, Sport, Politiche Educative, Politiche Sociali, Pari opportunità, Politiche Giovanili, Servizi Sanitari, Relazioni Internazionali e Fondi Europei 2019. Tanta roba. A Ravenna dirige il Mar e il Servizio Cultura.

Roberto Cantagalli
Mar Ravenna. Inaugurato ingresso dai Giardini Pubblici e nuove acquisizioni: Bansky e Longhi

L’INTERVISTA

Chi è Roberto Cantagalli, ce lo dica lei?

“Sono ravennate. Quindi oggi sono qui di ritorno. Ho vissuto a Ravenna fino alla fine degli anni ‘90, poi per motivi professionali mi sono trasferito a Cervia, dove ho lavorato fino a 2014, occupandomi prevalentemente di turismo per il Comune di Cervia. Nel 2014 ho iniziato un’esperienza, per me straordinaria, a Comacchio, che si concluderà a fine settembre.”

Per il momento ha un doppio incarico quindi?

“Sì. Per qualche mese.”

Ci parli di questa esperienza a Comacchio, che ha definito straordinaria.

“È un’esperienza molto creativa, legata in modo molto forte alla cultura. Abbiamo sviluppato progetti relativi all’archeologia e alla storia antica. Ma a Comacchio c’è anche forse uno dei più importanti musei d’arte contemporanea della Regione, la Casa Museo Remo Brindisi, a Lido di Spina. È veramente importante, quindi anche lì abbiamo avviato un percorso di valorizzazione legato alle arti contemporanee. Certamente la parte più significativa della mia esperienza però è legata alla realizzazione del nuovo Museo del Delta Antico che Comacchio aspettava da cento anni. Un secolo fa fu scoperta la necropoli di Spina, e nel 2017 finalmente Comacchio ha il suo Museo del Delta Antico, uno dei musei civici più significativi a livello regionale e anche nazionale, anche per le soluzioni innovative che sono state adottate. Molto gratificante anche la candidatura a Capitale Italiana della Cultura, dove Comacchio è arrivata seconda. È stata un’esperienza molto costruttiva e molto partecipata. Il dossier di candidatura poi si è trasformato in un piano strategico: la cosa straordinaria è che tutto quello che noi abbiamo indicato in quel progetto è poi stato realizzato dal 2016 al 2020, anche se non abbiamo vinto. L’amministrazione non è stata sopraffatta dalla delusione, ma si è creata un’onda di entusiasmo che ha portato alla concretizzazione delle idee.”

A Ravenna non è accaduta esattamente la stessa cosa dopo la delusione di Ravenna 2019. Ma non parliamo di questo, la ferita è ancora aperta. Perché allora ha scelto di tornare a Ravenna?

“Quando si è prospettata quest’opportunità ho sentito il desiderio di tornare, quasi di concludere la mia carriera nella mia città.”

Quindi ha intenzione di rimanere ancora quasi vent’anni?

“(ride, ndr) No, diciamo che ho ancora 12-13 anni di impegno professionale prima di raggiungere l’età della pensione. Non so se concluderò la mia esperienza a Ravenna, ma almeno voglio svilupparne una parte importante qui nella mia città: è un qualcosa che desidero fare. È anche una sorta di debito di gratitudine nei confronti della città in cui sono cresciuto.”

Ma chi gliel’ha fatto fare?

“(ride di nuovo, ndr) Gliel’ho detto, è questo desiderio di fare qualcosa per la mia città, tutto qui. Non è una questione di prestigio, fra l’altro a Comacchio mi trovavo molto bene, e sono molto grato a chi mi ha dato quella opportunità, vale a dire agli amministratori di Comacchio.”

La domanda non era a caso. Lei sa che lascia un posto come Comacchio dove si trovava molto bene per arrivare a Ravenna, in questo Museo della città che è al centro da anni di un groviglio di polemiche…

“Vede, io sono arrivato qui senza pregiudizi e senza schieramenti. La mia idea è di guardare avanti e di superare questa situazione di polemica continua. Che poi queste cose diventano patologiche quando si guarda sempre al passato e non si ha una visione di futuro. Io venendo da fuori non sono legato a nessuno, a nessun mondo, diciamo a nessuna lobby culturale locale – in senso positivo, lobby è da intendere come centro di interesse. Io metto al centro il lavoro, le idee, sperando che siano buone, creando delle relazioni con gli istituti culturali di questo comune che sono molto importanti, così come importante è che lavorino in rete. Io credo molto alla comunità, alla rete. Quindi la prima cosa che ho fatto è stato incontrare l’Accademia, il Verdi, gli altri centri di produzione culturale come Ravenna Teatro e Ravenna Manifestazioni…”

È esattamente la stessa cosa che ha fatto il suo predecessore, che poi è stato triturato. Non le auguro naturalmente lo stesso destino.

“(ride, un po’ imbarazzato, ndr) Io per ora mi muovo per mettere a punto la missione del Mar, perché questo museo può avere diverse missioni. E dipende anche dalle persone che operano all’interno del museo, per me è importante creare la squadra. Ho già parlato anche con l’assessore e presto inizieremo a lavorare per definire un piano strategico del museo, una visione del museo rispetto al panorama culturale, sociale ed educativo di Ravenna. Quindi voglio ragionare, insieme anche agli interlocutori del territorio, su quella che deve essere la missione del museo, avere una strada tracciata da seguire, darci degli obiettivi di medio-lungo termine da raggiungere.”

Ma in definitiva come lo vede il Mar del futuro?

“Come un centro pulsante vivo e soprattutto aperto della vita culturale cittadina, come dovrebbero essere i musei oggi.”

Cosa le ha detto il sindaco? Le ha dato carta bianca?

“Diciamo che non mi ha messo dei paletti. Ci sono delle attese rispetto al museo. Capisco che l’amministrazione punta sul museo e quindi si attende un rilancio dopo gli anni difficili della pandemia. A me spetta ora di fare delle proposte e di creare una buona squadra motivata. Per questo definire il piano strategico è importante. Facciamo un tavolo e decidiamo dove vogliamo andare e mettiamo insieme una squadra. È come accendere un faro sul futuro. In questo momento io vedo le persone invece un po’ disorientate dalle polemiche continue e dai cambi di rotta. Se è chiaro l’obiettivo è più facile fare squadra e lavorare insieme.”

Sol LeWitt

Sgombriamo il campo dall’ultima clamorosa polemica, quella sull’opera di Sol LeWitt. Alla fine, lei che idea se ne è fatta?

“Che l’idea dell’amministrazione, di valorizzare l’opera, è giusta e io la condivido. Un’opera che è comunque ingombrante per le sue dimensioni e richiede particolari esigenze espositive. Ora è esposta ancora per qualche giorno in un’ala adibita a mostre temporanee. A breve la disallestiamo in vista della Biennale del Mosaico. Ma tenere un’opera in deposito a tempo indeterminato è come distruggerla, significa sottrarla alla fruizione pubblica, come è stato fatto per tanti anni. A 34 anni dalla mostra per cui fu realizzato il lavoro di LeWitt, senza accordi formalizzati, senza neanche una lettera o un qualcosa che comunque attestasse la volontà dell’artista di distruggerla – che forse c’era, non lo escludo, ma non doveva essere poi così forte quella volontà se nel catalogo generale delle opere di Sol LeWitt, curato dai familiari, si parla di questo Wall Drawing #570 custodito a Ravenna – in definitiva, credo che dopo tutti questi anni continuare a lasciare l’opera in magazzino non abbia senso. Se doveva essere distrutta, se questa era la volontà, allora doveva essere distrutta 34 anni fa. Oggi non abbiamo né una testimonianza concreta, né un contratto, né un accordo per questo, invece l’opera è sicuramente di proprietà del Comune di Ravenna, quantomeno per usucapione. Sono passati più di 10 anni, sufficienti per rivendicare la proprietà di un bene. Il Comune di Ravenna ne è proprietario e deve decidere se lasciare l’opera in deposito o esporla. Non la può distruggere, perché commetterebbe un reato.”

Ma anche lasciarla in magazzino è una sorta di reato.

“In qualche modo è così. Noi abbiamo come compito quello di valorizzare le opere d’arte e il nostro patrimonio. Wall Drawing #570 è un’opera ingombrante, ma quando ci sono le condizioni per esporla è giusto farlo. È un’opera importante che arricchisce comunque l’offerta culturale del museo e della città.”

Quindi in definitiva chi l’ha preceduta – Maurizio Tarantino e Giorgia Salerno – hanno fatto il loro dovere?

“Secondo me sì. Non entro nei particolari della corrispondenza, delle telefonate, ma nella sostanza il loro operato è stato corretto.”

Sol LeWitt

Sta di fatto che – Sol LeWitt a parte – qui al Mar le polemiche fioccano da anni. Non sono mai finite da quando Claudio Spadoni ha concluso il suo incarico dopo tanti anni. Si è creato il partito pro Spadoni, che ha finito per osteggiare chi è venuto dopo, qualsiasi cosa facesse. Rischia anche lei, lo sa?

“È ovvio che Claudio Spadoni, che io stimo, proprio per la sua competenza dimostrata negli anni, è un termine di paragone importante. Ma io non ho intenzione di sottopormi a un confronto di questo genere. Non ho la presunzione o la pretesa di fare meglio di lui: il mio obiettivo è di fare bene per il Mar e per Ravenna. È fare cultura per i cittadini e riportare questo museo ad essere il cuore pulsante della città. Il mio obiettivo è far vivere il museo attraverso le sue collezioni e aprirlo sempre più, è fare mostre importanti individuando i curatori giusti, senza avere l’obiettivo di dimostrare di essere meglio di Spadoni. Lui è stato una figura importante per Ravenna, lo è ancora come intellettuale, però non lo considero un termine di riferimento, nel senso che non devo dimostrare di essere migliore. So che mi esporrò a molte critiche, perché il confronto potrebbe venire naturale, ma vediamo quello che riusciremo a fare nei prossimi anni.”

Soffre anche lei della sindrome del confronto con i Musei San Domenico di Forlì, che a Ravenna contagia tutti almeno da 15 anni? Questa è una città strana, in cui per mesi si è parlato della mostra su Dante a Forlì, rosicando perché era più importante di quelle realizzate a Ravenna, senza però tenere conto che a Ravenna si sono fatte tante altre cose di altissimo livello e più importanti su Dante, a partire dall’inaugurazione del Settimo Centenario con il Presidente Mattarella.

“Io ho sempre cercato di guardare più a quello che faccio io rispetto a quello che fanno gli altri. O meglio, quello che fanno gli altri se è fatto bene può essere un punto di riferimento e di stimolo anche per me. Però si tratta di realtà diverse. Con budget diversi. Su Dante Ravenna ha organizzato un programma con centinaia di eventi, alcuni eccezionali. L’inaugurazione delle celebrazioni è stata fatta a Ravenna, non a Firenze. L’immagine di Ravenna con Viva Dante ha circolato in tutto il mondo. Quindi fondamentalmente Ravenna è stato il punto di riferimento non soltanto nazionale ma internazionale delle celebrazioni. Questo va messo sul piatto della bilancia.”

A cosa sta lavorando ora?

“La cosa più importante all’inizio è la sintonia con il Consiglio di amministrazione, con il presidente, per condividere le scelte, e per prima cosa dobbiamo mettere a punto il piano strategico. Poi c’è la programmazione. Qui abbiamo il vincolo delle opportunità legate alle Biennali del mosaico che normalmente si tengono in autunno (quella di quest’anno si aprirà l’8 ottobre prossimo, ndr).”

Avete due Biennali di seguito, nel 2022 recuperate quella del 2021, che non si è potuta tenere per la pandemia, e poi arriva subito quella del 2023.

“Sì. Quindi valuteremo di ricollocare in primavera alcuni eventi espositivi anche per provare ad intercettare il turismo scolastico, che si muove prevalentemente nei mesi primaverili. Vogliamo tornare a realizzare grandi mostre, o meglio continuare a proporre grandi mostre, anche perché chi mi ha preceduto ha realizzato mostre molto importanti. L’arte contemporanea sarà un punto di riferimento.”

MAR Balthus
MAR Chagall

Alle viste c’è il lavoro di riorganizzazione delle collezioni. Da quelle antiche, che deve continuare, a quella dei mosaici contemporanei a quella dell’arte contemporanea. 

“Sì e questo dà già l’idea della particolarità di questo museo, un museo veramente poliedrico per certi aspetti. Dall’arte antica all’arte contemporanea, non tutti i musei hanno questo ventaglio così ampio di offerta. È chiaro che questo percorso narrativo è da integrare meglio. Ci saranno quindi degli interventi anche di ristrutturazione e dei riallestimenti, per ottimizzare il percorso di visita e migliorare la fruizione del pubblico. La prima cosa che ho fatto arrivando è stato avviare il percorso per il nuovo allestimento della sezione musiva che in questa città ha un valore distintivo, anche per la qualità delle opere. Quindi abbiamo subito proposto al CdA e all’assessore di nominare un comitato scientifico e di alto profilo per questo riallestimento. Il comitato è stato nominato, ha già iniziato a lavorare, e l’obiettivo entro l’autunno è di inaugurare questa nuova sezione riallestita al piano terra, in spazi già destinati alle mostre temporanee, quindi non più solo nel quadriportico. Gli obiettivi sono due: valorizzare le opere in un nuovo contesto e spazio, con una soluzione illuminotecnica più consona. In secondo luogo c’è il tema della leggibilità: quindi un percorso tematico che consenta al visitatore di percepire le ragioni che fanno di Ravenna ancora oggi una delle capitali mondiali del mosaico.”

Sull’arte contemporanea invece?

“Anche qui vogliamo andare nella direzione di valorizzare questa sezione e alcune opere, che vogliamo esporre e mostrare meglio al pubblico. Attualmente non sono adeguatamente valorizzate. Quindi con i lavori che saranno avviato nel 2023, dopo la Biennale di quest’anno, coglieremo l’occasione per ripensare anche questa sezione per me molto importante.”

Infine le mostre. Quando la prima?

“La prima finestra utile sarà quella del primavera del 2024, perché nella primavera 2023 invece eseguiremo i lavori di cui parlavo prima. Mentre in autunno ci sono le mostre della Biennale del Mosaico. Sulle mostre mi piacerebbe creare un processo di programmazione che abbia una prospettiva lunga, almeno triennale. Adesso è in corso una selezione per assumere un’altra persona proprio all’ufficio mostre, con l’obiettivo di implementare le risorse umane in questo settore, a supporto dei vari curatori. Vogliamo individuare curatele importanti. Stiamo anche pensando alla possibilità di nominare un comitato scientifico permanente del museo, per valutare le acquisizioni, le donazioni e che possa esprimersi, appunto, anche sull’individuazione dei curatori.”

Quindi rimarrete fedeli all’indirizzo di diversificare le curatele?

“Sì, in funzione anche delle mostre che vogliamo allestire. Cercheremo le figure giuste negli ambiti espositivi che ci interessa valorizzare e su cui puntiamo.”