Bagliori Notturni in Viale Pallavicini, fra Holbein e i cubisti, fra Giustiniano, Teodora e la guerra

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Capita di rado, in una mostra di una galleria privata ravennate, di trovare opere destinate a rimanere nella storia dell’arte. È il caso di Luciana Notturni, regina degli scacchi musivi locali, che chiude domenica 27 luglio la sua esposizione (quasi un’antologica) nello spazio Pallavicini 22. Rende ancor più significativo l’evento la sua assoluta rarità: infatti l’artista (che pure rifiuta tale titolo) è talmente presa dalla sua attività di docente rivolta alla formazione di mosaicisti che è difficilissimo coglierla mentre esibisce pubblicamente i suoi manufatti.

Si legge in catalogo per la penna di Luca Maggio che il segreto di Luciana sta nella sua profonda conoscenza e padronanza della tradizione ravennate del mosaico antico. Già Vittorio Sgarbi aveva “sancito” che il futuro di Ravenna è il suo passato. Oltre un secolo prima, nientemeno che Giuseppe Verdi aveva garantito che, se pensi al passato, te ne nascerà sempre un progresso. A me tuttavia la mostra di Luciana dice ben altro e cioè che è invece la conoscenza dell’arte contemporanea (e non solo musiva) che consente alla Notturni di proporre con straordinaria efficacia le sue rivisitazioni del mosaico antico con risultati totalmente moderni.

Qualche esempio. Il suo Giustiniano è offerto sia in una riproduzione del 2022 sia in una vera e propria trasfigurazione del 1982 (40 anni prima). L’autrice sa bene che una copia perfetta dell’originale non è possibile ma accetta la competizione e non ha paura del confronto. Così, anche la sua copia è creativa, mentre l’opera giovanile è un autentico capolavoro: la figura di Giustiniano di San Vitale viene scomposta fino a non essere più riconoscibile, poi viene ricomposta nella sua essenza e, per penetrare tale essenza, il nostro occhio smarrito deve concentrare il suo sguardo finché, dopo breve ma attenta osservazione, la figura originale riemerge per incanto come se alla dislocazione delle tessere avessero collaborato gli impressionisti, i divisionisti, i cubisti, i secessionisti viennesi e i maestri dell’astrattismo e dell’informale. A me pare che quel tripudio di policromia ci voglia parlare della morte e del suo mistero e questa circostanza richiama alla mente sia il concetto matematico che nel buio si vede meglio la luce sia il celeberrimo trompe l’oeil inserito da Hans Holbein nel suo olio su tavola “Gli Ambasciatori” realizzato nel 1533 in pieno Rinascimento e oggi alla National Gallery di Londra.

Il trompe l’oeil è la chiave di un’ altra sfida di Luciana: in “Voltafaccia” (2009), a seconda di come il visitatore si muove intorno all’opera, gli appare Teodora, oppure Giustiniano, oppure entrambi, in una creazione originalissima sugli originali antichi. Ritroviamo gli occhi di Teodora (il titolo della mostra è “Come gli occhi si accostano – e si staccano”) in un’altra opera dove spuntano da un nero burka. Di nuovo l’attualità in “War no War” (2022) con evidente riferimento alla guerra in Ucraina ma senza banalità opportunistiche. Il soldato fermo, in azione col mitra, e il soldato che gli corre alle spalle (come Achille piè veloce) e in un attimo lo supererà. Il primo descritto nitidamente. Il secondo avvolto in un incredibile sfumato leonardesco musivo che ne annebbia e dilata i contorni. I pigmenti delle tessere sono simili a quelli grigioverdi del mosaico sulla prima guerra mondiale nel salone della Casa del Mutilato dov’è raffigurata una trincea realizzata dall’équipe di Renato Signorini nel 1940 con sassi e materiali raccolti sul greto del Piave. Se lì c’è la vita della trincea, qui nell’opera di Luciana c’è la vita della guerra. E della terra. O meglio dell’argilla. Le mattonelle lunghe di cotto orizzontale tipiche delle basiliche paleocristiane ravennati sembrano ispirare le tessere rettangolari che suggeriscono dinamicamente al milite in movimento la direzione di marcia.

Ognuna delle opere che ho citato s’impone immediatamente per la sua qualità estetica. Non molto lontano si collocano alcuni dei manufatti floreali. In particolare commuovono i papaveri (2022). L’artista riesce a rendere magistralmente l’anima di questo fiore che è la fragilità. Quasi un miracolo se si pensa che tale effetto emotivo è ottenuto tramite la pietra.

Luciana Notturni Mosaico

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