Green pass, Mambelli (Confcommercio Ravenna): “Utile per scongiurare future chiusure, ma problematico nell’applicazione”

Ormai lo sappiamo tutti: dal 6 agosto, per entrare per accedere a qualsiasi tipo di servizio di ristorazione al tavolo al chiuso, spettacoli, eventi e competizioni sportive, musei, istituti e luoghi di cultura, piscine, palestre, centri benessere, fiere, sagre, convegni e congressi, centri termali, parchi tematici e di divertimento, centri culturali e ricreativi, sale da gioco e casinò, concorsi pubblici, sarà obbligatorio esibire il Green pass, la famosa “Certificazione verde” che si ottiene con la prima dose di vaccino, con tampone rapido fatto nelle 48 ore precedenti o, per chi sia guarito dal Covid, è in vigore per sei mesi dopo la guarigione.

Ma come funzionerà nello specifico, soprattutto in uno dei settori più colpiti, ovvero quello della ristorazione? Lo abbiamo chiesto a Mauro Mambelli del ristorante ravennate La Gardela e Presidente di Confcommercio Ravenna.

Mambelli, cosa ne pensa del Green Pass?

“Il Green Pass come misura in sé è corretto e giusto, perché comunque ci dà la possibilità di poter lavorare e, soprattutto, si spera, di scongiurare eventuali chiusure, che sono sempre la spada di Damocle che ci pende sulla testa.”

Come funzionerà nello specifico, per il settore ristorazione? 

“Nella sua applicazione pratica mi trovo in disaccordo: prima di tutto c’è già l’affanno a munirsi dell’applicazione che legga il QR Code e, cosa non secondaria, costringerà alcuni a munirsi di un telefono aziendale che possa leggerlo, cosa che non tutti hanno, e quindi questo comporterà un ulteriore dispendio economico in un periodo già nero. Ora si sta ragionando anche sull’idea di munirsi di qualcosa di più veloce come una pistola che legga i codici in maniera più rapida, ma resta comunque il problema logistico.

Infatti non solo ci dovrà essere qualcuno di noi che aspetta i clienti all’interno per leggere il QR Code, ma dovrà farlo anche estremamente in fretta, perché in giornate concitate non entra una persona alla volta, ma molte di più. Un controllo del genere è molto più semplificato in situazioni dove è già preposta l’emissione di un biglietto, come trasporti o teatri, mentre in un ristorante o in un bar è molto più complesso. E’ certamente vero che questa situazione pandemica va arginata, e noi abbiamo fatto di tutto, ma certe misure di difficile applicazione ci sconfortano e ci penalizzano: se per esempio ci sfugge anche una sola persona rischiamo diversi giorni di chiusura.”

C’è quindi preoccupazione per le complicazioni che potrebbe dare?

“Sì, molta, perché oltre a fare i ristoratori, i cassieri, i camerieri, ora dobbiamo fare anche i ‘poliziotti’: come detto sopra, c’è sempre il cosiddetto ‘furbetto del quartiere’ che magari, in un gruppo di diverse persone, sfugge, o il ragazzino che dimostra 11 anni invece ne ha 13 (il Green Pass viene richiesto a partire dai 12 anni, n.d.r.), o un qualunque altro errore che anche commesso in buona fede ci fa scattare chiusure veramente penalizzanti in situazioni per noi difficili da controllare. Potremmo anche dover chiedere la carta d’identità, per verificare ad esempio che qualcuno non stia usando il Green pass di qualcun altro, ma non sempre c’è chi è disposto a fartela vedere.  Ci vorrebbe una persona preposta a fare questi controlli, qualcuno fornito – e formato – dal Governo, per evitare queste potenziali situazioni rischiose che ricadono sempre a carico nostro”.