Concessioni balneari. Il Consiglio di Stato le proroga fino al 2023, poi andranno a gara

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Le proroghe automatiche e generalizzate delle concessioni balneari violano le regole sulla concorrenza, imposte dal diritto comunitario e non sono più ammissibili. Lo ha stabilito ieri, martedì 9 novembre l’adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con le sentenze nn. 17 e 18, che hanno gettato nel panico il mondo dei balneari, gestori di stabilimenti sulle spiagge di tutta la Penisola.

Secondo quanto stabilito dal Consiglio di Stato, le proroghe avranno valore solo fino a dicembre 2023, mentre dal 1° gennaio 2024 ogni concessione dovrà essere assegnata tramite gara.

Questo, “al fine di evitare il significativo impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata e generalizzata di tutte le concessioni in essere”.

La decisione presa dall’adunanza plenaria fa seguito alle udienze del 20 ottobre: “dal giorno successivo, tuttavia, non ci sarà alcuna possibilità di proroga ulteriore, neanche per via legislativa, e il settore sarà comunque aperto alle regole della concorrenza”, si legge in una nota del Consiglio di Stato stesso.

“Ci riserviamo di leggere con la dovuta attenzione e deferenza le motivazioni della sentenza del Consiglio di Stato sulle concessioni demaniali marittime, all’esito del quale decideremo le iniziative da intraprendere per la tutela di decine di migliaia di famiglie di onesti lavoratori oggi gettate nell’angoscia più totale per la prospettiva di perdere il lavoro e i loro averi”, commenta il presidente nazionale del Sindacato Italiano Balneari, Antonio Capacchione.

“Immediatamente non possiamo però non registrare che questa sentenza appare sconcertante prima ancora che sconvolgente – commenta – perché si discosta da consolidati orientamenti giurisprudenziali, anche costituzionali, a tutela della proprietà aziendale, del lavoro e della certezza del diritto”.

“È persino imbarazzante – aggiunge – non tanto perché è una sorta di “messa in mora” del Legislatore chiamato a disciplinare le gare con modalità da essa stessa stabilite quanto per la sua lampante contraddittorietà. Infatti il Consiglio di Stato afferma la contrarietà al diritto europeo delle proroghe disposte dal legislatore e dalla Pubblica Amministrazione in quanto “automatiche e generalizzate” e nel contempo stabilisce una proroga altrettanto automatica e generalizzata però solo di due anni! In definitiva rivendica a sé ciò che, invece, non consente agli altri Poteri dello Stato. Per cui alle proroghe del Legislatore e dei Comuni adesso abbiamo anche quella dei giudici!”.

“Come abbiamo sempre chiesto – chiude Capacchione -: spetta al Legislatore e non ai giudici trovare il giusto bilanciamento fra la
tutela della concorrenza e quella dei diritti fondamentali dei concessionari che con questa sentenza sembrano essere stati calpestati. È tempo che ciò avvenga!”.

La pronuncia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato

Le norme legislative nazionali che hanno disposto (e che in futuro dovessero ancora disporre) la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative – compresa la moratoria introdotta in correlazione con l’emergenza epidemiologica da Covid-19 dall’art. 182, comma 2, d.l. n. 34 del 2020, convertito in legge n. 77 del 2020 – sono in contrasto con il diritto eurounitario, segnatamente con l’art. 49 TFUE e con l’art. 12 della direttiva 2006/123/CE; tali norme, pertanto, non devono essere applicate né dai giudici né dalla pubblica amministrazione (1).

Ancorché siano intervenuti atti di proroga delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative rilasciati dalla P.A. (e anche nei casi in cui tali siano stati rilasciati in seguito a un giudicato favorevole o abbiamo comunque formato oggetto di un giudicato favorevole) deve escludersi la sussistenza di un diritto alla prosecuzione del rapporto in capo gli attuali concessionari; non vengono al riguardo in rilievo i poteri di autotutela decisoria della P.A. in quanto l’effetto di cui si discute è direttamente disposto dalla legge, che ha nella sostanza legificato i provvedimenti di concessione prorogandone i termini di durata; la non applicazione della legge implica, quindi, che gli effetti da essa prodotti sulle concessioni già rilasciate debbano parimenti ritenersi tamquam non esset, senza che rilevi la presenza o meno di un atto dichiarativo dell’effetto legale di proroga adottato dalla P.A. o l’esistenza di un giudicato. Venendo in rilievo un rapporto di durata, infatti, anche il giudicato è comunque esposto all’incidenza delle sopravvenienze e non attribuisce un diritto alla continuazione del rapporto (2).

Al fine di evitare il significativo impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata e generalizzata di tutte le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative in essere, nonché di tener conto dei tempi tecnici perché le amministrazioni predispongano le procedure di gara richieste e, altresì, nell’auspicio che il legislatore intervenga a riordinare la materia in conformità ai principi di derivazione europea, le concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative già in essere continuano ad essere efficaci sino al 31 dicembre 2023, fermo restando che, oltre tale data, anche in assenza di una disciplina legislativa, esse cesseranno di produrre effetti, nonostante qualsiasi eventuale ulteriore proroga legislativa che dovesse nel frattempo intervenire, la quale andrebbe considerata senza effetto perché in contrasto con le norme dell’ordinamento dell’U.E. (3).

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Commenti

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  1. Scritto da fra

    Premessa: non ho un bagno e non ho interessi nel campo ma sono un semplice cittadino.
    Questa è una sentenza a cui lo stato avrebbe dovuto muovere contro causa perchè la concorrenza (come dicono loro) non genera migliori prestazioni (vedi autostrade, hera, Enel, ecc) ma solo aumenti dei servizi e di tutte le utenze per i cittadini. Tutti i costi saranno scaricati sempre sui già spennati cittadini. Dalle Banche ai servizi, lo stato stà di fatto scaricando i costi dei suoi maggiori introiti sulle spalle dei cittadini già vessati da una miriade di TASSE. Le privatizzazioni sono una porcheria organizzata.

  2. Scritto da Ed

    Era ora, si invoca il legislatore ma per la legge siamo già “sotto sanzione”.

    Perché in Italia deve sempre essere diverso? Perché non aprire a nuovi investitori (non necessariamente predatori ma neppure benefattori) che possano portare innovazione , servizi, best practices?

    Parlo da fruitore e credo fortemente che la concorrenza sia uno stimolo sano, per gestori e per clienti

  3. Scritto da Aldo

    Finalmente