CERCANDO MARIOLA PER RAVENNA / Un libro di Rossi sul Comune di Ravenna dal 1970 al 2020 ci fa scoprire una città dinamica, resiliente, creativa… sorprendente

“50 anni in Comune. Ravenna 1970/2020”. È questo il titolo del volume di saggi raccolti da Beppe Rossi pubblicati da Minerva, con una importante prefazione del professor Roberto Balzani, storico, ordinario all’Università di Bologna, per una legislatura Sindaco di Forlì, e una bella introduzione di Dante Bolognesi, storico ed economista, già Direttore della Biblioteca Oriani di Ravenna.

Il sottotitolo del libro curato da Beppe Rossi avrebbe potuto essere anche “I Sindaci raccontano Ravenna”, perché i saggi che costituiscono il corpo del volume sono quelli prodotti da una serie di Sindaci che si sono succeduti alla guida della città negli ultimi 50 anni, appunto. Ognuno racconta la sua parte di verità e tutti insieme rendono un prezioso mosaico di testimonianze per comporre la storia cittadina, vista da Palazzo Merlato.

Purtroppo dei nove Sindaci che hanno occupato la carica di primo cittadino dal 1970 al 2020 ben cinque non ci sono più e quindi il mosaico è di quelli un po’ lacunosi, che troviamo ogni tanto nelle antiche domus romane. Ma la storia di una città è un discorso di ampio respiro, che richiede il contributo di molte competenze e punti di vista e non la semplice somma di esperienze o testimonianze. Perciò alla mancanza forzata di alcune voci dei protagonisti venuti a mancare – Vincenzo Randi che rimase Sindaco per pochi mesi fra 1976 e 1977, Mauro Dragoni Sindaco dal 1987 al 1992, Giovanni Miserocchi Sindaco fra il 1992 e il 1993, Pier Paolo D’Attorre Sindaco dal 1993 al 1997 e infine Fabrizio Matteucci Sindaco dal 2006 al 2016 – sopperiscono sia i contributi degli altri Sindaci (Aristide Canosani, Giordano Angelini, Vidmer Mercatali e Michele de Pascale), sia il lavoro di raccordo storico sul piano socio-economico e politico fatto da Dante Bolognesi nell’introduzione, sia quello di Beppe Rossi nel suo compendio finale sulla cultura ravennate nei 50 anni considerati.

Fra i saggi dei Sindaci, c’è anche l’intrusione di un quasi Sindaco, Alvaro Ancisi, per qualche mese in maggioranza all’inizio di questa storia e poi per 50 anni ininterrottamente all’opposizione. Dunque un altro filo rosso che legge e lega gli avvenimenti di mezzo secolo di storia ravennate secondo un differente punto di vista, quello delle minoranze politiche o degli sconfitti, se volete. Ma un punto di visto necessario e doveroso.

E così – leggendo – al di là di tutti i luoghi comuni sulla nostra città che ancora oggi ci portiamo dietro o saltuariamente tornano in auge (la città perennemente in decadenza, la città che non è creativa e non sperimenta, la città chiusa, sonnolenta e pigra…) scopriamo invece una Ravenna dinamica, fantasiosa e resiliente, capace di ascese entusiasmanti (come negli anni ’50 e ’60 quando da una condizione di grande povertà seppe issarsi fra le prime venti città in Italia per reddito, fino a diventare 11^ all’inizio degli anni ’70) e di discese pericolose (la crisi energetica degli anni ’70 che qui colpì l’economia del distretto petrolchimico), di cadute (la crisi del Gruppo Ferruzzi e la morte di Raul Gardini nel 1993) e risalite (la rinascita fra la fine degli anni ’90 e i primi anni Duemila).

Non dimentichiamo i passaggi in pochi lustri dall’agricoltura prevalente all’industria, dal porto industriale al porto commerciale, dalla petrolchimica alla chimica verde, da una città immaginata troppo vasta e cementificata come quella del PRG 1962 (la grande Ravenna, la Ravenna capitale) a una realtà più misurata ed equilibrata, con grande attenzione all’ambiente, come con i PRG del 1973, del 1983 e del 1993. E ancora la crisi della mucillagine e poi il rilancio del turismo balneare accompagnato dalla continua ascesa dell’offerta e del turismo culturale. La crisi della subsidenza e la legge anti-subsidenza che viene chiamata Legge Ravenna. La tragedia Mecnavi e quel grido “Mai più” che porta al centro dell’attenzione generale il problema delle tutele, delle condizioni e della sicurezza sul lavoro, che è ancora al centro dell’attenzione, perché sempre caldo.

E poi non è da sottovalutare affatto il ruolo di Ravenna come laboratorio politico locale e nazionale – a proposito di creatività – dall’inedito compromesso bizantino (il conio beffardo è di Giulio Andreotti) del 1968-69 che porta alla formazione di due giunte diverse ma bilanciate in Provincia (sinistra-sinistra) e in Comune (centro-sinistra) e anni dopo porterà poi all’allargamento delle giunte di sinistra al Pri, con un compromesso romagnolo che rimette insieme le grandi componenti della sinistra laica e socialista dopo la “scissione” consumata a inizio secolo e con il fascismo.

Ravenna è la città che alle prime elezioni per l’Europa vota più di tutte le altre nei paesi membri e che per la prima volta sperimenta le primarie del centrosinistra (che poi però abbandona) e l’elezione diretta del Sindaco (Pier Paolo D’Attorre), per finire in mesi a noi vicini con la fioriture a dismisura delle liste civiche e con l’allargamento della maggioranza di centrosinistra anche agli ex populisti Cinque Stelle. È la città in cui nel sociale sinistra e cattolici dialogano e collaborano, con figure di prestigio in campo ecclesiastico come Monsignor Salvatore Baldassarri ed Ersilio Tonini.

Insomma una città mai ferma, sempre creativa e in grado di sperimentare in campo politico. E capace di notevoli imprese in campo sociale (la spettacolare stagione dei servizi negli anni ’70), economico (dall’Anic a Gardini, dalle cooperative alla grande CMC fra fine ‘900 e primi anni duemila, dal Porto alla Sapir a Marcegaglia fino a Mirabilandia), culturale (qui basta citare il riconoscimento per gli otto monumenti Unesco, il Ravenna Festival e Ravenna Teatro) e ambientale (il Parco del Delta del Po).

Tutto rose e fiori, dunque? Niente affatto. Ci sono le luci (tante, e bisogna riconoscerlo) e ci sono le ombre (meno, ma ci sono). Fra queste ultime naturalmente tutte le questioni aperte da anni e mai giunte a soluzioni soddisfacenti. Ne citiamo due di stretta attualità e non di poco conto: la crisi o inadeguatezza del sistema infrastrutturale che rappresenta un freno allo sviluppo del Porto, del turismo e di molte altre attività; la crisi energetica che a Ravenna si lega a una grande potenzialità – quella del distretto energetico ed estrattivo – imbrigliata e non sfruttata appieno per via delle scelte politiche confuse e contraddittorie degli ultimi venti anni, soprattutto a livello nazionale.

Ma sentiamo che cosa ci dice il curatore Beppe Rossi del suo lavoro (Rossi fu vice Sindaco socialista e Assessore alla cultura per alcuni anni, con Giordano Angelini). “Intanto questo volume vuole essere un omaggio al Comune di Ravenna – dice Beppe Rossi, oggi imprenditore, alla guida del Gruppo Gama Castelli – cioè alla pubblica istituzione più vicina ai cittadini, che è anche la più antica istituzione italiana. Il Comune di Ravenna, infatti, è il primo Comune istituito con decreto papale nel 1016. Tutti gli altri Comuni furono istituiti con decreto papale o imperiale molti anni dopo Ravenna. Bologna dieci anni dopo. Questa data del 1016 purtroppo è stata trascurata da chi era alla guida del Comune di Ravenna: secondo me andava celebrata doverosamente. E poi questo libro è un omaggio ai nostri amministratori che hanno sempre fatto bene la loro parte, hanno ben governato la città. A volte anche un po’ dimenticati. Io li ho praticamente intervistati, quelli ancora in vita. E poi l’ho fatto anche con Ancisi, che considero un po’ come il Sindaco ad honorem. Tutto questo per dire che l’Amministrazione pubblica di Ravenna non si è fermata, come molti pensano, a Benigno Zaccagnini e Luciano Cavalcoli (protagonisti a livello locale soprattutto della stagione precedente al 1970, ndr) ma ci sono state esperienze e personalità molto significative, che hanno lasciato il segno, anche dopo.”

Nel libro ho trovato due elementi di fondo che attraversano i 50 anni di storia di Ravenna presi in considerazione: il primo elemento è quello della città laboratorio politico, il secondo è quello della città resiliente, la sua capacità di risalire la china dopo le cadute, la capacità di adattarsi alle nuove situazioni anche sfavorevoli. “Sono d’accordo. Questo primato di Ravenna non è certamente solo cronologico o di longevità, come dicevo prima. – precisa Beppe Rossi – Ravenna ha avuto diversi primati politici e ha saputo costruire tanti progetti importanti grazie ai suoi cittadini e ai suoi amministratori. Perché la storia di una città non è fatta solo da grandi personaggi di caratura nazionale che compiono gesta fatidiche, ma spesso da uomini normali dalle grandi qualità, che però vengono dimenticati. Uomini che hanno dato vita a questo laboratorio Ravenna e hanno fatto queste politiche per Ravenna. Un primato che ha avuto un peso per la politica ma direi soprattutto in campo culturale.”

Infatti il saggio o compendio di Beppe Rossi prende in considerazione 50 anni di eventi e protagonisti della vita culturale ravennate. Ma qual è la cifra? “Nel mio intervento sono stato ecumenico, perché ho parlato bene di tutti. Non perché avessi paura di essere licenziato da qualcuno, – risponde Rossi (e sorride, ndr) – figurarsi alla mia età, ma perché va riconosciuto a tutti il merito di avere dato un contributo positivo e importante a far crescere Ravenna su Dante, sul mosaico, sulla musica, sul teatro. Rispetto anche ad altre città più grandi, che sono spesso state o rimaste monoculturali, Ravenna si è distinta per la sua offerta plurale e di qualità. Qui abbiamo coltivato tutti i generi. Anche quelli considerati minori. Abbiamo avuto una grande fioritura. Abbiamo valorizzato anche molti giovani. Anche in questo campo siamo stati un laboratorio, non abbiamo solo ospitato i grandi nomi, abbiamo fatto crescere tante energie.”

Nel saggio non si parla dell’esperienza di Ravenna capitale europea (mancata) della cultura, la grande delusione degli anni recenti. Perché? “Me ne sono dimenticato. E se proprio devo dire, dico che Ravenna meritava, ma a mio parere Matera meritava di più.”