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A, B, C DELLA DEMOCRAZIA. C COME COSTITUZIONE / Democrazia, declino o risveglio? Interrogativi in un giorno di mezza estate fra Yunus e Calderoli

Sento il bisogno di una riflessione – non è la prima volta – sulla democrazia. Termine che rischia di essere generico se non ambiguo, se non viene analizzato nel contesto storico di riferimento. Storici e politologi se ne occupano da tempo, perlomeno, stando nell’età contemporanea, a partire dal seminale La democrazia in America (1835 e 1840) di Alexis de Tocqueville (nella foto). Uno sguardo esterno, il suo, di europeo altezzoso ma lucido. Fu incerto, nel suo giudizio, fra simpatia e sospetto. Prevalse il sospetto. Dal tempo di de Tocqueville ad oggi, di acqua sotto i ponti ne è passata molta, fra costituzionalismo, più o meno liberale, democrazie popolari illiberali, quindi non democrazie, e dittature. Su alcune analisi di de Tocqueville varrà la pena, poi, tornare.

Alexis de Tocqueville

A che punto siamo, ora? Possiamo prenderci il lusso di ragionare di democrazia, mentre le cose del mondo non migliorano, anzi?

A Gaza il macello continua e Gaza non c’è più, dicono osservatori informati e disperati. Una informazione tremenda, da togliere il sonno. A chi? Solo ai pacifisti? I potenti della terra dormono bene? Israele e Iran si promettono aggressioni senza sconto alcuno, allestendo un tavolo per l’ennesimo tragico ping pong. Attendono solo il momento giusto per farsi il più grande male possibile. O fanno finta? Dicono e non dicono. Per avere più argomenti (???) in future trattative.

La Russia di Putin, per dare maggiore forza alla sua guerra, mobilita altri giovani per rimpiazzare le centinaia di migliaia già caduti. Molti giovani pare che non ne vogliano sapere e tentino la fuga. Hanno la mia piena comprensione. Zelensky invade la Russia, creando indignazione in Russia e qualche – solo qualche – contentezza ad Ovest.

Unica novità che a noi, molto eurocentrici e di poca informazione al di fuori del nostro recinto, è giunta inattesa, riguarda l’Oriente. In Bangladesh è accaduto un imprevisto. Imprevisto, appunto, per noi. Molte proteste si erano levate da mesi dopo elezioni considerate una truffa e contro un governo autoritario, proteste represse, con molti morti. Qualche giorno fa la fuga della prima ministra Sheikh Hasina. La storia di questa donna andrebbe studiata a fondo. Ha alle spalle enormi tragedie, padre e famigliari eliminati e uccisi da governi autoritari. Lei, figlia di martiri, con questo non piccolo argomento è arrivata al potere, nel suo paese, e vi è rimasta, per decenni, dopo anni di persecuzioni subite e di prigione.

Nei primi anni di governo il suo lavoro è stato considerato positivo, le disuguaglianze sono diminuite, è migliorata la condizione delle donne, nei diritti, nello studio. Sheikh Hasina è donna diventata, da vittima che era stata, molto potente. Potente e, come spesso – quasi sempre – accade a chi ha grande potere, è diventata, nel corso del tempo, insofferente verso le opposizioni, con repressioni, limitazioni della libertà di stampa, violenze. Un racconto che mi fa male. Ma, questa volta, anziché mandare ancora truppe contro gli studenti, a un certo punto è fuggita. Saggezza, per quanto tardiva? Guerra civile fermata. E, cosa veramente imprevista, una richiesta degli studenti è stata accolta. La gioventù bengalese ha chiesto che a governare il paese in questo drammatico passaggio fosse chiamato Muhammad Yunus (nella foto).

Muhammad Yunus

Un evento storico, mai accaduto prima, né a Ovest né a Est. A Est, i giovami e gli studenti che in piazza Tienanmen nel maggio del 1989 chiedevano riforme e libertà assaggiarono la forza dei carri armati, come la gioventù di Praga nel 1968. Fu la fine, in quei casi, di ogni discorso riformatore. Ora, in Bangladesh, giovani vengono ascoltati. Sogno o son desta? È merito dei giovani o della loro proposta, Yunus, di indiscutibile valore? Forse, contraddicendo le leggi della fisica, due identici poli positivi, una gioventù che ha voglia di libertà e Yunus, testimone di libertà, si sono avvicinati e si stanno incontrando.

Ho avuto modo di incontrare Yunus a Ravenna, e di stringergli la mano con gratitudine, prima che ricevesse il Nobel per la pace, nel 2006. Mario Tampieri – era l’ottobre del 2003 – in contatto con la Lega Nazionale delle Cooperative, e in collaborazione con l’Università di Bologna, riuscì a portare Yunus a Ravenna, in occasione di una sua presenza in Italia. Yunus, il banchiere dei poveri, una storia da fare conoscere, nell’ambito di un ciclo di iniziative dedicato dal Circolo dei Cooperatori di Ravenna ad esperienze di economia alternativa, di cooperative in Africa, nei kibbuz in Israele, nelle cittadelle dell’Economia di comunione, ideata da Chiara Lubich.

Banchiere dei poveri

Fu un incontro veramente bello quello di Yunus con molta gioventù e cittadinanza ravennate. Avevo preparato le mie classi a questo incontro, suggerendo la lettura di un suo libro di allora recente pubblicazione in Italia, Il banchiere dei poveri (1998). Fu così possibile un dialogo con Yunus, uomo di grande umanità e cultura. Gentile e dolce, addirittura. Di religione musulmana, ha con creatività dato nuovo impulso a uno dei pilasti della fede musulmana, che rende obbligatorio il sostegno economico alla propria comunità. Tempo fa, ben prima di questa vicenda in Bangladesh, una mia allieva di quegli anni mi ricordò questo incontro. Ricordi ancora? Le chiesi. Certo, fu un incontro indimenticabile.

Quando a Yunus, il banchiere dei poveri, fu dato il Nobel, nel 2006, la notizia mi entusiasmò. Ma, subito dopo, fui delusa. Perché il suo fu un Nobel per la pace, e non per l’economia. Fare uscire dalla miseria più profonda milioni di donne, soprattutto donne, non è questione di economia? Il micro credito fu una idea geniale, nella sua semplicità. Il prestito non si deve dare ai ricchi, per sostenere ulteriori arricchimenti e speculazioni, ma a chi non ha nulla, e a tassi bassissimi. La storia dice che nelle esperienze di micro credito il 90% dei debiti vengono onorati. Il rispetto, in genere, produce rispetto e onestà. Non è una sognata astrazione, è un dato. Nel caso del micro credito, la conferma viene dalla statistica. In generale, e per altre questioni, è così? Non ho elementi indiscutibili da proporre, ma la mia esperienza mi ha dato, nel tempo, buone conferme. Conviene, rispettare. Non è solo questione di buone maniere. Pace, economia e rispetto si incontrano, nel caso di Yunus. Possibile che una pratica geniale come questa non sia considerata economia?

A Yunus, disprezzato poi in patria e perseguitato dal governo ora caduto, è stato dato il compito di ricostruire il paese con metodo democratico. Nel suo governo, appena insediato, ha voluto anche quattro donne e due rappresentanti delle associazioni studentesche. Il suo è un esperimento di laboratorio – come andrà a finire? – o un salto di qualità in una società matura per la democrazia? In Bangladesh, in questi mesi, una gioventù non si è arresa alla forza e coltiva la speranza che la democrazia possa essere migliore di un sistema autoritario. Direbbe, de Tocqueville, “staremo a vedere”.

L’esperienza di Sheikh Hasina, partita bene, era poi diventata dispotica, con un mainstream conformistico che disprezzava ogni diversa opinione. È questo uno dei punti deboli individuati da de Tocqueville nella società americana del suo tempo. Direi che è ancora uno dei punti deboli delle nostre democrazie. E dire che se, in un sistema che si definisce democratico, le minoranze fossero impedite, disprezzate, il sistema non sarebbe più democratico.

Ernst Block

Speranza. La speranza della gioventù che ha voluto Yunus. In un recente articolo Massimo Cacciari scrive. O in Europa torna il “principio speranza” o possiamo scrivere il nostro de profundis. Ernst Bloch scrisse Il principio speranza fra il 1938 e il 1947, quando il mondo stava precipitando ed era poi precipitato nel pozzo più nero della nostra storia. Ma lo pubblicò soltanto negli anni Cinquanta. Un antidoto per contrastare gli effetti della guerra fredda? In ogni caso Bloch non intendeva farsi o farci semplicemente coraggio. Non invitava a sognare a occhi chiusi. Indicava il pensare ad occhi aperti, perché è la storia ad essere aperta, anche quando di fronte abbiamo muri che tolgono la speranza. La storia è aperta perché la stiamo scrivendo e non è un libro chiuso. Il principio speranza in questo momento ha forse preso casa in Bangladesh.

Che qualcosa si stia muovendo anche nelle nostre sofferenti langhe? Finite queste Olimpiadi, andate molto bene per bravissime sportive, donne italiane e non, ma andate male per i parigini che non ne hanno voluto sapere, possiamo sperare qualche novità, in Francia? E in Inghilterra? Il nuovo primo ministro ha fermato con forza movimenti razzisti e neonazisti che si diffondevano a macchia d’olio. Ma non da solo. In moltissime città inglesi sono scese in piazza “nonne” – così con orgoglio si sono definite – con cartelli e parole dette a voce alta. Di razzismo e fascismo non ne vogliamo mai più sentire parlare. Una vera meraviglia. Mi ci voleva.

Grannies

Pochi giorni prima una donna, per altro giovane e brava, ma in quel momento furiosa, mi ha detto. La tua generazione ci uccide. Scomparite! Te esclusa, naturalmente, dice, per farmi digerire l’ingiuria alla mia generazione. Forse scherzava. E, per continuare il gioco, le ho scritto che Yunus ha 84 anni. Ma ho dimenticato di ricordarle le nonne inglesi. Grannies (nonne) against Fascism, così si chiama il loro movimento. Il nuovo primo ministro Keir Starmer ha molto gradito.

E in Italia, motivi di speranza ci sono? Direi che qualche motivo c’è. Un movimento che ha preso le mosse lo scorso anno, La Via Maestra Insieme per la Costituzione, ha costruito una rete molto fitta che raccoglie più di cento associazioni. Con una missione non piccola. Non un generico sostegno alla Costituzione. Da decenni vediamo figure che, dopo avere giurato fedeltà alla Costituzione, un istante dopo si mettono al lavoro per stravolgerla. Una storia che dura da decenni, e non solo in governi di destra. La Via Maestra, nel chiedere la attuazione della Costituzione, annunciò subito, fin dalle sue prime mosse, anche una sua ferma opposizione a scelte pericolose per la Repubblica; il più radicale dissenso per la Autonomia Differenziata, già chiesta da alcune Regioni, fra cui la nostra, a cui Calderoli stava lavorando con grande accelerazione, e per il Premierato elettivo. Un lavoro politico durato mesi ci ha fatto trovare pronti, cosa non da poco, a proposito di democrazia risvegliata.

Pochi giorni dopo la pubblicazione della legge Calderoli sulla Gazzetta Ufficiale, un Comitato referendario ha depositato in Cassazione un unico quesito per l’abrogazione della Calderoli. Contestualmente, sono partiti Comitati referendari unitari – associazioni, sindacati, partiti – in tutt’Italia, e a Ravenna.

Con un evento inaspettato. Negli stessi giorni la piattaforma gratuita che da tempo lo Stato aveva annunciato è entrata in funzione. In pochi giorni il nostro quesito ha raggiunto quasi 500 mila firme. Noi, sbalorditi e felici, Calderoli, innervosito. Ha cercato di minimizzare. Cosa volete, è solo un fatto “informatico”. O, invece, si tratta di un popolo che da anni, e faticosamente, abbiamo INFORMATO e si è mosso con velocità straordinaria? Certo, tutti i Comitati referendari continuano la raccolta anche nei banchetti, che sono luoghi di sicuro valore democratico. Si spiega, si discute, si valuta e, spesso, si firma.

Una giornalista di valore, Daniela Preziosi, come noi sbalordita e contenta, ha scritto “La rivoluzione delle firme”, “un terremoto”. Non la seguo, in questa enfasi. La strada è appena stata intrapresa. Le firme, alla fine, dovranno essere non molte, ma moltissime. E questa è per ora una speranza. Può bastare un ottimo numero per convincere la Corte a darci il via? Ho rispetto per la Corte, che farà il suo autonomo – deve essere autonomo – lavoro ma se le firme saranno tantissime, già questo sarà un dato molto politico, molto democratico, che ci consentirà, nei prossimi mesi, di tenere aperta una pubblica e continua riflessione sulle nostre ragioni e sul perché, con l’aiuto degli ottimi costituzionalisti che fanno parte del Comitato referendario, il nostro quesito è ammissibile, contrariamente a quanto sostiene Calderoli. Arriveremo al Referendum? Se sì, avremo il quorum? Solo se tutto questo andrà secondo le nostre attese, potremo dire che qualcosa di grosso è accaduto.

La democrazia, per non essere solo un ottativo del cuore, necessita di partecipazione, non solo nel momento del voto. Necessita di un popolo sovrano che è tale solo se sa di esserlo, e che coltiva la sua sovranità informandosi, oltre il mainstream, e con una qualche fondata speranza. Ritorno ad una recente espressione del presidente Mattarella, che trovo talmente efficace che vorrei aggiungerla, nell’art. 1 della nostra Carta. “La democrazia è il potere del popolo informato”. Informare. Informarsi. Un lavoro che non ha scadenza.

DURANTE L’ESTATE LA RUBRICA DI MARIA PAOLA PATUELLI SARÀ A CADENZA MENSILE

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