FEM NEWS – LA FINESTRA FEMMINISTA / L’accanimento del governo sui diritti delle madri sembra proprio un’ossessione, anche quando sono dietro le sbarre

L’accanimento del governo sui diritti dei bambini e delle bambine, delle donne e delle madri sembra proprio un’ossessione. Questa settimana è stata la volta delle detenute madri. Il PD ha ritirato il disegno di legge volto a migliorare le condizioni delle detenute madri e a ampliare la tutela della salute psicofisica dei bambini e delle bambine attraverso l’esclusione del ricorso al carcere e la valorizzazione degli Istituti a custodia attenuata per detenute madri (ICAM).

Il governo ha presentato, infatti, una serie di emendamenti che ribaltano completamente il senso e lo spirito originario della proposta, andando così a determinare un peggioramento delle condizioni delle detenute madri e dei loro figli e figlie e prevedendo ad esempio che una donna incinta possa essere detenuta in carcere o negli ICAM in caso di recidiva. Una proposta di legge ribattezzata  “antiborseggiatrici rom”. Eppure si tratta di un tema sul quale tutti si dicono da sempre d’accordo di dover intervenire con urgenza. A rincarare la dose di cinismo è il viceministro Cirielli che ha dichiarato “Le donne che vanno in carcere per reati gravi con sentenza passata in giudicato devono perdere la patria potestà sui figli. Ho sempre pensato fosse ingiusto tenere i bambini in carcere, ma considero ancora più ingiusto lasciare la patria potestà a madri degeneri che commettono reati così gravi da essere condotte in carcere”.

Carcere femminile

Prima di tutto Nolite ricorda a Cirielli, e non solo, che la patria potestà in Italia è un concetto del passato, superato con la legge n. 151/1975 che introduce nel Codice civile il concetto di potestà genitoriale da parte di entrambi i genitori. In quanto poi alle madri degeneri e alle donne degeneri Nolite ricorda solo un dato: nelle carceri italiane, ma anche negli altri paesi, le donne detenute sono appena il 4% circa del totale, ciò significa che gli uomini detenuti sono il 96% circa. Allora chi è degenere? Chi è che delinque? Nolite rovescia il problema e non si chiede perchè sono poche le donne che delinquono, ma si chiede perchè sono tanti gli uomini che contravvengono alle regole che loro stessi si sono dati. Perché la delinquenza maschile così preponderante è considerata “normale”? Come mai la devianza maschile è sempre così diffusa nonostante il trascorrere delle epoche storiche? E se le carceri smettessero di essere istituzioni pensate e costruite da maschi per il proprio genere che si dà per scontato più propenso a delinquere, cambierebbe qualcosa?

Carcere femminile

Nolite pensa di sì. Infatti vediamo che la logica maschile securitaria e punitiva ha conseguenze negative sui detenuti stessi e maggiormente sulle detenute perchè la storia delle donne in carcere è ancora una volta una storia di discriminazioni. Il sistema penitenziario italiano è declinato al maschile nelle norme e nell’organizzazione istituzionale e manca di una specifica attenzione rivolta alle donne detenute.

Il carcere femminile è considerato un fenomeno residuale (e lo è), trascurabile, perciò si tendono a convogliare le risorse economiche, di personale e di iniziative sulla parte numericamente più ponderante. E così per le detenute ci sono meno possibilità di fare attività, meno percorsi scolastici, meno corsi professionali, meno sport e un indice di sovraffollamento superiore a quello maschile. Le attività di riabilitazione sarebbero importantissime se si considera che le detenute provengono quasi sempre da una precedente esclusione sociale, da una debolezza economica e culturale, da situazioni di abuso e violenza fisica o psicologica. Ancora più pesante è la situazione delle detenute madri e dei loro figli e figlie che vivono in carcere con loro: un caso irrisolto di ingiustizia italiana.

“Mai più bambini in carcere” si è detto tante volte. Molte norme sono state introdotte fin dal 1975 per lo più inefficaci e comunque mai applicate e non finanziate dallo Stato, come gli Istituti a custodia attenuata o le case famiglia protette. Attualmente ci sono 17 bambini di età inferiore a un anno che vivono insieme alle loro 15 madri detenute e possono rimanere in carcere fino ai 3 anni. La necessità è quella di lavorare caso per caso per trovare soluzioni adatte, anche perchè i dati mostrano che le donne si macchiano di reati meno gravi degli uomini e quindi hanno diritto a misure alternative al carcere. E chi fa appello alla recidiva come criterio di esclusione dai benefici penitenziari o è in malafede oppure nasconde la realtà.

Lo spiega bene Susanna Marietti, coordinatrice dell’associazione Antigone “Se uno conosce veramente la composizione sociale delle nostre carceri sa bene cos’è la recidiva. Non grava sui delitti più efferati, ma è una caratteristica tipica della piccola e piccolissima criminalità, di piccoli reati da strada legati alla povertà, alla tossicodipendenza. Queste donne hanno bisogno di essere prese in carico dai servizi sociali, non hanno bisogno del pugno duro dello Stato. Per Salvini il ritiro della legge del Pd “ferma il vergognoso sfruttamento della gravidanza da parte di borseggiatrici e delinquenti” Questa affermazione è umiliante per una donna. Vuole insinuare che una donna si fa mettere incinta per continuare a rubare in strada? Queste donne delinquono perché non hanno alcuna struttura di welfare su cui contare. La recidiva è un segno quasi sempre di marginalità e non si combatte con uno Stato dal pugno duro. Se cominciassimo a ragionare su una seria politica della casa, del lavoro, di politiche sanitarie adeguate, di integrazione della popolazione rom, invece che a pensare di risolvere tutto il carcere, sono certa che le cose cambierebbero”. Di questo aspetto e di altro ha parlato Marietti durante la presentazione del primo rapporto sulle donne detenute in Italia dell’Associazione Antigone dal titolo “Dalla parte di Antigone” l’8 marzo scorso.

Il rapporto è il risultato delle visite che l’associazione ha fatto nei mesi scorsi in tutti i luoghi che recludono donne in Italia con l’obiettivo di descrivere le criticità del sistema, ma anche le proposte per migliorare la vita delle donne in carcere, perchè il patriarcato non si ferma davanti alle sbarre del carcere, anzi, spesso le scavalca.

Le foto sono tratte da “Domani faccio la brava” del fotoreporter Giampiero Corelli

Carcere femminile

FemNews di Nolite

Ogni settimana si apre una finestra femminista su RavennaNotizie, dalla quale ogni settimana si respira aria pungente, si espongono germogli al sole, si stende la biancheria profumata al sapone di Marsiglia, si appendono lunghe trecce di aglio e peperoncino, ci si rilassa con un bicchiere di vino e l’ultima sigaretta, si parla con il vicinato, si accarezzano felini senza nome cantando Moon river, si guarda oltre con occhiali di genere. Nasce così una rubrica autonoma rispetto alla testata che gentilmente la ospita, pluralista, apartitica, decisamente femminista, che cerca di trovare il modo di agire per trasformare il mondo. Fem News ha una firma collettiva NOLITE – imperativo negativo latino omaggio alla condivisa cultura umanistica, alla passione politica, alla compulsione alla lettura, alla madre Atwood (Nolite te bastardes carborundorum, Non consentire che i bastardi ti annientino), alla lotta ancillare per dire no al pensiero dominante patriarcale, coloniale e specista.

Commenti

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  1. Scritto da Riccardo

    “Vuole insinuare che una donna si fa mettere incinta per continuare a rubare in strada?” Ma queste di nolite, dove vivono? È ovvio che è così, è risaputo, sono loro stesse che dicono che è “il loro lavoro rubare”
    Per quanto dicano alcune cose giuste, poi cadono in affermazioni assurde

  2. Scritto da Stefano

    Pur non essendo di Destra vedo molta ideologia nei vostri commenti. Ideologia perche’ non si tiene conto delle problematiche, reali, da cui e’ nata la proposta di legge (non possibilita’ di agire penalmente verso donne incinta, problema molto sentito nella grandi metropoli dove le borseggiatrici impunite sono ormai una costante) e dal contenuto della legge. L’ articolo 146 del codice penale fin’ora prevede il rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena per le donne in stato di gravidanza. La proposta di legge prevederebbe ora il cancellamento del differimento automatico della pena per le donne incinte e con figli di età inferiore a un anno, se recidive, sotto giudizio del giudice. Sulla questione di affidamento ai servizi Sociali e’ sicuramente la strada da perseguire ma questa non puo’ essere volontaria ma obbligata da una sentenza del Giudice, cosa oggi non possibile. Tutto puo’ essere migliorato ma lasciamo a casa le battaglie ideologiche…..