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I TRIBUTI SPIEGATI AI LETTORI / Le agevolazioni spettano anche in caso di omissione di dichiarazioni IMU, secondo il principio di collaborazione e buona fede

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Questa settimana parliamo della possibilità di richiedere ai privati informazioni o documenti di cui la Pubblica amministrazione già disponga, in ottemperanza del principio di collaborazione e buona fede. L’inosservanza di un adempimento che costituisce un presupposto solo formale per il godimento di un’agevolazione, non impedisce di riconoscere il diritto al beneficio al contribuente che abbia i requisiti per usufruire dello stesso beneficio, tanto più ove essi risultino da documentazione in possesso dell’Amministrazione.

Le agevolazioni spettano anche in caso di omissione delle dichiarazioni IMU

In tema di IMU, qualora il Comune, con apposito Regolamento, abbia stabilito il diritto a fruire di un’aliquota agevolata ove il contribuente presenti una dichiarazione attestante la sussistenza dei requisiti, oggettivi e soggettivi per il godimento dell’agevolazione, essa spetta comunque al contribuente anche se questi non abbia presentato la suddetta dichiarazione.

Ciò poiché, tenuto conto del principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente – sancito dall’art. 10, comma 1, della Legge n. 212 /2000 (cosiddetto Statuto dei diritti del Contribuente), al contribuente non può essere richiesta la prova di fatti già documentalmente noti al Comune.

Legando collaborazione e buona fede in un unico principio, il termine collaborazione allude, da un lato, ai principi di buon andamento, efficienza ed imparzialità dell’azione amministrativa tributaria e, per l’altro, a comportamenti non collidenti con il dovere, sancito dall’art. 53, comma 1, della Costituzione ed imposto a tutti i contribuenti di concorrere alle spese pubbliche, in ragione della loro capacità contributiva.

A sua volta, il termine buona fede, se riferito all’Amministrazione, coincide, almeno in gran parte, con i significati attribuibili al termine collaborazione, posto che entrambi mirano ad assicurare comportamenti dell’Amministrazione coerenti, vale a dire non contraddittori o discontinui (mutevoli nel tempo).

Se riferito al contribuente, presenta un’analoga, parziale coincidenza con quello di collaborazione ed allude ad un generale dovere di correttezza, volto ad evitare comportamenti del contribuente capziosi, dilatori, sostanzialmente connotati da una condotta elusiva.

Quanto alla portata applicativa del principio di collaborazione e buona fede, la costante Giurisprudenza di legittimità ne ha riconosciuto una funzione di orientamento ermeneutico e applicativo, vincolante nell’interpretazione del diritto, sostenendo che tali margini interpretativi possono presentarsi anche per le norme agevolatrici, la cui natura derogatoria rispetto alle norme impositive altrimenti applicabili alle fattispecie considerate non è considerata ostativa.

Fermo il principio per cui non si estende l’applicabilità dell’agevolazione fiscale a fattispecie analoghe o similari, si riconosce un beneficio fiscale al contribuente che si trovi nelle condizioni oggettive e soggettive di usufruire del trattamento agevolativo, ma ha omesso di ottemperare ad un adempimento ulteriore, consistente nella comunicazione all’Ente comunale, in ordine alla sussistenza dei requisiti richiesti ex lege per l’agevolazione: se tale adempimento costituisce un presupposto formale e non sostanziale e non impedisce al contribuente di usufruire dell’aliquota agevolata, laddove dimostri di essere nelle condizioni soggettive ed oggettive per usufruire del trattamento agevolativo, il Comune non può escluderlo dalla tassazione agevolata.

Le regole generali di comportamento della collaborazione e della buona fede in senso oggettivo debbono sempre informare lo svolgimento delle attività dell’Amministrazione finanziaria e del contribuente nei loro reciproci rapporti: se si tiene conto che tali attività sono, in linea di massima, disciplinate dalla legge svolte mediante atti formali, risulta evidente la funzione di integrazione della disciplina legislativa – relativamente a diritti ed obblighi reciproci da questa non espressamente considerati e fondati proprio sull’osservanza o sulla violazione dei detti canoni di comportamento – assegnata dal Legislatore alle predette regole: le quali, perciò, debbono comprendere tutti i rapporti giuridici tributari e cioè tutte le attività mediante le quali essi si costituiscono, si svolgono e si esauriscono.

Escludendo la possibilità di richiedere ai privati informazioni o documenti di cui l’Amministrazione già disponga, richiama e rafforza la regola secondo cui il Responsabile del procedimento deve provvedere d’ufficio all’acquisizione di quei documenti che, già in possesso della Pubblica Amministrazione, contengano la prova di fatti, stati o qualità rilevanti per la definizione della pratica.

Tale normativa costituisce espressione di un più generale principio di collaborazione e buona fede che comporta altresì una specifica ricostruzione dei rapporti tra ente impositore e contribuente nel momento processuale per quanto attiene alla ripartizione dell’onere probatorio: se nel giudizio tributario il contribuente afferma che un fatto risulta attestato in documenti in possesso dell’Amministrazione resistente, la prova del fatto può essere fornita anche attraverso il mero riscontro di tali documenti compiuto dalla stessa Amministrazione.

Studio Clarizia

A CURA DELLO STUDIO LEGALE TRIBUTARIO CLARIZIA Via Raul Gardini n. 20 – Ravenna / www.studiotributariomc.it

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