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I TRIBUTI SPIEGATI AI LETTORI / Mi sono sbagliato… Le denunce dei redditi costituiscono dichiarazioni di scienza, possono essere modificate in presenza di errori

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Questa settimana nella rubrica si parla di imposte dirette: è possibile integrare le dichiarazioni annuali per correggere errori ed omissioni mediante successiva dichiarazione da presentare non oltre i termini di esercizio dell’attività accertatrice? Le denunce dei redditi costituiscono delle dichiarazioni di scienza e, quindi, possono essere modificate ed emendate in presenza di errori che espongano il contribuente al pagamento di tributi maggiori di quelli effettivamente dovuti. Pertanto, la dichiarazione sarà emendabile e ritrattabile anche in sede di contenzioso.

Le dichiarazioni dei redditi sono emendabili in quanto prive di carattere negoziale

Le disposizioni dettate in materia di emendabilità della dichiarazione sono state rimodellate nel 2016. La novità legislativa è intervenuta a consolidare e a implementare normativamente i principi dettati dalla Giurisprudenza di legittimità. Più precisamente, il Legislatore ha confermato la possibilità di opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa tributaria azionata dal Fisco allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione ed incidenti sull’obbligazione tributaria e ha ampliato gli orizzonti, temporali e procedurali, dell’emendabilità della dichiarazione.

Ha, infatti, stabilito da un lato che le dichiarazioni fiscali possono essere integrate, sia a danno che a favore del contribuente, entro i termini per l’accertamento dei tributi oggetto di dichiarazione; dall’altro lato, che il contribuente che non abbia provveduto a presentare una dichiarazione integrativa ha la possibilità di far valere la rettifica migliorativa, non solo in sede di giudizio ma anche in fase di accertamento, eccependo e dimostrando la sussistenza di eventuali errori, di fatto o di diritto, che abbiano inciso sull’obbligazione tributaria, con indicazione di un maggiore imponibile, di un maggiore debito d’imposta o, comunque, di un minore credito o di una minore eccedenza detraibile.

Nello specifico, è stato chiarito la natura giuridica della dichiarazione fiscale quale mera esternazione di scienza, in ossequio al principio di capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost. e all’art. 10 dello Statuto del Contribuente, secondo cui i rapporti tra Contribuente e Fisco sono improntati al principio di collaborazione e buona fede.

Relativamente alla questione dei limiti oggettivi dell’emendabilità delle dichiarazioni fiscali, va rilevato che il principio di generale emendabilità della dichiarazione è riferibile all’ipotesi ordinaria in cui la dichiarazione rivesta carattere di mera dichiarazione di scienza, mentre, laddove la dichiarazione abbia carattere negoziale, il suddetto principio non opera, salvo che il contribuente dimostri l’essenziale ed obiettiva riconoscibilità dell’errore ai sensi degli artt. 1427 s.s. c.c.

In questa prospettiva è stato affermato che le denunce dei redditi costituiscono di norma delle dichiarazioni di scienza e, quindi, possono essere modificate ed emendate in presenza di errori che espongano il contribuente al pagamento di tributi maggiori di quelli effettivamente dovuti.

Più specificamente, la dichiarazione dei redditi del contribuente affetta da errore, sia esso di fatto che di diritto, commesso dal dichiarante nella sua redazione, è emendabile e ritrattabile anche in sede contenziosa quando dalla medesima possa derivare l’assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico. Come è noto, infatti, la dichiarazione dei redditi non ha natura di atto negoziale e dispositivo, ma reca una mera esternazione di scienza e di giudizio, modificabile in ragione dell’acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti.

In sostanza, è prevista l’emendabilità, in via generale, di qualsiasi errore di fatto o di diritto contenuto in una dichiarazione resa dal contribuente all’Amministrazione fiscale, anche se non direttamente rilevabile dalla stessa dichiarazione. Del resto, un’interpretazione contraria che non consentisse la correzione della dichiarazione darebbe luogo ad un prelievo fiscale indebito, incompatibile con i principi costituzionali della capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost., comma 1, e dell’oggettiva correttezza dell’azione amministrativa, di cui all’art. 97 della Costituzione.

L’art. 53 della Costituzione impone che il sistema tributario sia improntato verso la giusta imposta. Partendo da tale angolo visuale, appare conseguenziale rilevare che il rapporto tra emendabilità della dichiarazione e irretrattabilità della stessa debba connotarsi come una dinamica regola/eccezione, nella quale i casi in cui un contribuente possa ritrovarsi a versare più imposte di quelle che avrebbe dovuto/potuto pagare siano non solo limitati, ma anche giustificati da situazioni peculiari e precise.

Logica che il Legislatore nella novella del 2016 ha sposato in pieno, nel momento in cui ha statuito che resta ferma in ogni caso per il contribuente la possibilità di far valere, anche in sede di accertamento o di giudizio, eventuali errori di fatto o di diritto che abbiano inciso sull’obbligazione tributaria, determinando l’indicazione di un maggiore imponibile, di un maggiore debito d’imposta o, comunque, di un minore credito.

A ben vedere, il testo della legge non prevede espressamente limiti all’emendabilità, la cui ampiezza non incontra vincoli né sotto il profilo temporale né sotto il profilo oggettivo, arrivando a consentire al contribuente di ritrattare la propria dichiarazione anche dopo il decorso del termine decadenziale di accertamento e anche con riferimento a materia imponibile fino a quel momento estranea alla fase istruttoria di accertamento o all’atto impositivo sul quale è stato instaurato un giudizio tributario.

Deve essere, tuttavia, ravvisata l’irretrattabilità della dichiarazione nei casi stabiliti dalla legge, vale a dire, le ipotesi in cui il Legislatore abbia espressamente previsto un adempimento specifico da eseguire in dichiarazione e che il mancato rispetto di detto adempimento in dichiarazione sia causa di decadenza.

Ebbene, può essere ravvisata una manifestazione di volontà del contribuente solo in quelle situazioni in cui è prevista la facoltà dello stesso di scegliere tra due regimi o trattamenti diversi, quando, cioè, il Legislatore abbia ritenuto opportuno lasciare la possibilità al singolo di partecipare, con riferimento alla propria posizione fiscale, alla concretizzazione del principio di capacità contributiva, tenendo conto non solo del mero carico fiscale, ma anche di tutta una serie di circostanze a esso contigue.

Non può, invece, configurarsi una manifestazione di volontà in tutte quelle situazioni in cui il contribuente deve semplicemente indicare nella dichiarazione che il proprio reddito imponibile è stato determinato (anche) per mezzo dell’applicazione di un’agevolazione o di un regime di detassazione.

Studio Clarizia

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Commenti

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  1. Scritto da Wainer

    Devo dire io allo stato quanto guadagno e come utilizzo i miei soldi…. Perché non mi dice lo stato come utilizza le mie tasse?