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RAVENNA FERMO IMMAGINE / 2. Basilica di Sant’Apollinare in Classe, uno scrigno prezioso di vertiginose allegorie

Sant’Apollinare in Classe è fra le basiliche ravennati il monumento più complesso, nel quale si assommano messaggi politici, memorie locali e una mirabile sapienza allegorica che promana da ogni singola figura. La chiesa è punto nodale per la coesione dell’intera comunità in quanto monumento costruito sulla tomba del più importante Santo locale. È anche luogo eccellente della memoria della Chiesa ravennate, perché qui sono impiantate le tombe dei vescovi dal VI secolo in poi. Qui è anche effigiata la consegna dei privilegi alla Chiesa di Ravenna – nella persona del vescovo Reparato – da parte dell’imperatore Costantino IV (668-685).

La parola “allegoria” significa “testo dal significato nascosto”. Nella sua prima applicazione in epoca cristiana, allegoria indica un modo di interpretare le Sacre Scritture e di scoprire, al di là dei fatti e delle persone narrati, verità permanenti di natura religiosa e morale.

LA MANO PROTESA DAL CIELO

La mano di Dio protesa dal cielo faceva parte della formula iconografica inventata sotto Costantino per definire visivamente la gerarchia dei poteri. Per l’imperatore (in seguito sostituito da Cristo stesso o dalla Madonna) si era fissato lo schema del personaggio seduto sul trono d’oro – un tempo riservato agli dei – lasciando inalterata la raffigurazione della maestà imperiale. La formula veniva poi completata da una mano che scendeva dal cielo per benedire o incoronare nella maestà o nella apoteosi.

La mano di Dio protesa sopra un personaggio che si trova sulla terra aveva lo stesso significato iconografico chiaro, come quello della maestà. Ma se il tema del trono d’oro risale all’età classica, la mano di Dio viene dall’arte ebraica: si trova negli affreschi della sinagoga di Dura Europos, un secolo prima del suo impiego nell’arte imperiale cristiana di Costantino.

Sant'Apollinare in Classe
Sant'Apollinare in Classe

LE PECORE, IL NUMERO 12, IL PARADISO, BETLEMME E GERUSALEMME

Sono dodici le pecore che escono – sei per parte – dalle due città di Betlemme e Gerusalemme e sono dodici le pecore che si affiancano al vescovo Apollinare, al centro dell’abside, sotto la grande croce gemmata. Nella Bibbia il dodici denota totalità, insieme, completezza: dodici sono le tribù di Israele (il popolo di Dio) e dodici è il numero degli apostoli che formano la chiesa universale. La pecora indica sequela ad una guida. L’allegoria nascosta nelle figure si mostra nella sua limpidezza: il Cristo offre a tutti la salvezza per il tramite della sua Chiesa.

Il paesaggio lussureggiante e le due palme ai lati dell’abside rappresentano la gioia della salvezza a cui partecipa anche tutta la natura. Le due palme completano la rappresentazione con la memoria della Risurrezione di Gesù. Nella allegoria della natura fiorita e rigogliosa, il fedele riconosce che Battesimo ed Eucarestia restituiscono l’uomo al Paradiso terrestre.

Betlemme è la città di Davide, la città dell’antico patto: il Redentore sarebbe nato lì. Gerusalemme è la città del secondo patto: le due città indicano tutto l’arco della storia della Salvezza che si incentra nel Cristo.

Sant'Apollinare in Classe

IL PAPPAGALLO SULLO SFONDO DORATO E LA PAROLA “PESCE”

Tutti i toni del verde che disegnano prati, alberi e sempreverdi vengono mescolati per comporre il corpo del pappagallo appoggiato ad un ramo fruttifero che non ha tronco né radice, unico uccello che si inserisce nella zona dorata del catino absidale. Il pappagallo simboleggia Maria, fulgida porta del cielo che colma la distanza tra Cristo e le creature e permette l’accesso a Gesù e alla beatitudine eterna. Il verde delle sue piume non può essere bagnato dalla pioggia che batte e bagna il verde della vegetazione terrena.

La parola “pesce” è una delle allegorie del Cristo più care alla comunità antica. La parola “pesce” (in greco) è la somma delle iniziali della frase che recita: Gesù Cristo figlio di Dio Salvatore. Nel mosaico si aggiungono due lettere (anch’esse allegoriche, anch’esse in greco) alfa e omega – principio e fine della vita – e l’espressione latina “salus mundi”, salvezza del mondo. Mettete insieme le tre espressioni e ne ricaverete in tal modo una bellissima preghiera e una sorta di “Credo” semplificato, che la comunità cristiana di Ravenna pronunciava nel luogo più santo e cuore della città portuale.

Sant'Apollinare in Classe

GLI ORNAMENTI DI APOLLINARE: LA SCIARPA E IL MANTELLO

Sotto l’immensa croce gemmata racchiusa in un cielo di stelle, si impone la statuaria figura del vescovo Apollinare. Le stelle sono 99, come le pecore della parabola di Matteo (18, 12-14) messe al sicuro dal pastore, che tuttavia esce nella notte per cercare la pecora smarrita. Sulle spalle porta una sciarpa di lana bianca (il pallio) macchiata di nero proprio sotto il cuore. Quella sciarpa rappresenta la pecora smarrita che il “buon pastore” si è messa in collo, perchè bisognosa d’amore.

Ai suoi piedi il gregge è diviso in due gruppi, ciascuno condotto da un maschio. Il mosaico offre due diverse tonalità di bianco: bianchissime le pecore alla nostra destra, perché purificate dalla parola di Dio, grigie le altre, perché ancora non raggiunte dalla parola. Sotto la sciarpa Apollinare indossa un mantello purpureo, decorato con centinaia di api. Le api sono l’allegoria della eloquenza del vescovo, che si manifesta nella capacità di interpretare e rendere attuale le parole di Dio, per la propria comunità.

LA CROCE GEMMATA E IL CIELO STELLATO

Per il cristianesimo dei primi secoli la croce è sempre gemmata: viene proposta cioè nella dimensione della Risurrezione e non invece come strumento della Passione e Morte di Gesù. Il volto di Cristo, al centro della Croce, è il volto del “trasfigurato”, di colui che anticipa ai discepoli (le tre pecore) la sua gloria di Risorto: “Nessuno mi toglie la vita, ma la offro da me stesso”.

Commenti

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  1. Scritto da IOLE LACCHINI

    Visto che l’America è stata scoperta nel 1492 e la basilica risale al V-VI secolo mi chiedo come sia possibile riconoscere nei bellissimi mosaici un pappagallo.

  2. Scritto da Eraldo Baldini

    Per la signora Lacchini: non faccio parte della Redeazione né voglio anticipare una eventuale riposta di Gianni Morelli, ma mi permetto ugualmente di farle notare che i papagalli non sono un’esclusiva del continente americano. Solo in Africa ne vivono decine di specie, e molte altre vivono in Asia.

  3. Scritto da Mario

    @Iole. La risposta si può leggere nell’etimologia del termine psittaciformi che sono un ordine di uccelli neorniti comprendente numerose specie di animali noti col nome comune di pappagalli. La parola pappagallo sarebbe derivata dal greco bizantino παπαγᾶς papagâs, a sua volta dall’arabo babbaġā (forse da avvicinare al latino gaius o gallus).

  4. Scritto da Fulvia

    Grazie per questa interessantissima interpretazione dei mosaici della nostra straordinaria Basilica: da oggi li guarderemo con altro spirito e certo con maggiore competenza; e ciò non farà che aggiungere stupore a stupore. Grazie professor Morelli!