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RAVENNA FERMO IMMAGINE / 5. Dal quarto al sesto secolo, i ritratti del cristo apollineo e quelli bizantini con visione spirituale e misticheggiante

Con l’istituzione del libero culto, consentito dall’editto di Costantino, inizia l’opera di trasformazione delle forme classiche per adeguarle ai nuovi contenuti. Rispetto alla tradizione greco-romana si forma uno stile autonomo cristiano, basato su caratteristiche opposte alle precedenti. La civiltà artistica greco-romana era basata sul culto della realtà fisica, della natura e dell’uomo. L’arte classica si esprimeva attraverso la forma, compiuta e concreta, aderente alla natura e ai valori fisici della materia: peso, volume, spazio, coerenza delle forme tra loro, definiti e composti secondo un criterio di armonia e bellezza ideale.

La nuova concezione cristiana ripone ogni valore e significato non sulla vita materiale, la realtà e la natura; ma nello spirito, nell’anima, nel divino. Nell’arte cristiana troviamo i valori corrispondenti ad una visione sostanzialmente spirituale e misticheggiante, che portano allo sviluppo di nuovi elementi espressivi. Diventano dominanti i caratteri antinaturalistici e in particolare viene accentuata l’espressività delle figure (risalto dei tratti individuali e rappresentazione patetica dei volti nella ritrattistica) che vengono a stridere con le concezioni di origine classica prima prevalenti. Un’ultima notazione che ci riguarda più da vicino come ravennati: la fissità e frontalità delle figure rappresentate, favoriscono il successo del mosaico.

Generico febbraio 2024
Mosaici

Qui sopra e in apertura, Sant’Apollinare Nuovo, mosaici della parete sinistra

IN SANT’APOLLINARE NUOVO UN UNICUM DA NON PERDERE

In Sant’Apollinare Nuovo ci è dato ammirare qualcosa di unico al mondo: una specie di prova generale di ciò che sarebbe avvenuto quarant’anni dopo in San Vitale, con il dialogo tra i due Cristi. I 26 riquadri commissionati da Teodorico nella chiesa del suo palazzo reale procedono, tredici per parte, sotto il soffitto in direzione della porta d’ingresso. E qui, la meraviglia.

Nella parete sinistra (quella dei miracoli) col Cristo giovanissimo ancora imberbe, con buona probabilità abbiamo opere eseguite da mosaicisti ravennati; nella parete opposta (quella della “Passione” e delle apparizioni dopo la morte) con un Cristo maturo, le opere sono di provenienza Siro-Palestinese. Qui non parleremo della professione ariana del grande re, né di etnia degli esecutori. Siria e Palestina, capitali del Mediterraneo prima di Bisanzio, meta dei primi pellegrinaggi nei luoghi santi del Cristianesimo, erano capitali di un’arte composita, vivacissima e frastagliata che si esprime in forme scorrevoli ma su un impianto spirituale ignoto all’Occidente, di cui possiamo cogliere alcuni squarci nel coacervo di eresie mediterranee dei primi secoli.

Mosaici
Mosaici

Sant’Apollinare Nuovo, mosaici della parete destra

SULLE TRACCE DEL CRISTO BIZANTINO

In Oriente, a partire dalla fondazione di Costantinopoli quale Nuova Roma e fino al sesto secolo, l’arte assorbe la produzione artistica delle metropoli mediterranee: Alessandria, Efeso, Roma, ossia il linguaggio artistico della antichità, per elaborarlo e trasformarlo in un genere adatto soprattutto al suo mondo spirituale e insieme imperiale.

Nel suo complesso l’adozione del Cristianesimo come religione ufficiale dell’impero (Teodosio, editto di Tessalonica del 27 febbraio 380) comporta un cambiamento profondo del messaggio comunicato attraverso l’iconografia. Le pitture catacombali erano una espressione di culto individuale, che vedeva Cristo come fonte della salvezza eterna. Con l’avvento della iconografia filo-imperiale, questo concetto intimo viene tralasciato in favore di un culto più collettivo, che raggiunge il suo apice nello stretto legame che esiste tra Dio e l’imperatore e la potenza che li accomuna.

Cristo Sinai

L’ICONA DEL CRISTO NEL MONASTERO DI SANTA CATERINA SUL SINAI

Nell’icona raffigurante il Cristo, nel Monastero di Santa Caterina sul Sinai (sopra), di particolare interesse sono le mani sottili, rese con poche ed essenziali linee: una benedicente e l’altra che sostiene un Vangelo rilegato e impreziosito con gemme.

Vi prego di osservare la posizione delle dita nella mano benedicente: questa mano comparirà, tale e quale, nella figura del Cristo imperiale più famosa al mondo, in Santa Sofia ad Istambul e, a seguire nelle tre grandi basiliche arabo-normanne di Cefalù, Monreale e Palermo.

Splendido è il volto sensuale, dal luminoso color avorio dove risaltano dei contorni scuri, volti a sottolineare le ciglia degli occhi e il naso. Osserviamo anche la tonalità grigio-olivastra intorno al collo, sotto la bocca e sotto le sopracciglia e il lieve tono roseo delle labbra e delle palpebre. Il carattere naturalistico è poi conferito anche dai baffi e dalla barba di cui si percepisce un lieve movimento e dai capelli scriminati al centro e raccolti su di un lato. Se da una parte l’artista è stato abile nel ritrarre la natura umana del Cristo, al contempo è riuscito anche a restituire quella divina attraverso lo sguardo (osserviamo la differenza delle due pupille che conferiscono, quella a sinistra di che guarda, il sentimento della accoglienza e l’altra, solennità e astrazione).

Notiamo infine che alle spalle del Cristo si intravvede una nicchia, o lo schienale di un trono, con una porzione di cielo stellato che conferiscono spazialità alla composizione.