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RAVENNA FERMO IMMAGINE / 6. Galla Placidia la donna che riassume le “due anime di Roma” e quei versi di Pasolini

Ora parliamo di Galla Placidia: pochi concetti-chiave e soprattutto una incursione nei fatti salienti della sua vita, attraverso una piega artistica che certo vi stupirà. In Galla Placidia si possono leggere riassunte le “due anime di Roma”. Quella tradizionalista, ereditata dal nonno materno Valentiniano, che possiamo sintetizzare nella triplice formula “senso dello Stato; supremazia romana; tolleranza religiosa” e quell’altra innovatrice, mutuata dal padre Teodosio, caratterizzata dall’apertura al popolo germanico e dalla piena adesione e totale sottomissione alla Chiesa di Roma.

Il filo rosso che guida i dodici anni di governo di Placidia non verrà mai meno: l’importanza del ruolo e la perennità dell’impero, il cui fine è diffondere e supportare il “messaggio di Cristo”. Di qui la consapevolezza del carisma imperiale, l’ansia di mantenere l’unità dell’impero dentro il cattolicesimo e quale corollario maggiore, l’inflessibilità nei confronti del paganesimo.

Galla Placidia
Galla Placidia

La scomparsa inappellabile. Di Galla Placidia, secondo Pasolini

Giungiamo infine al cuore di Placidia, dove lei tiene custoditi gli episodi e i sentimenti sui quali la sua mente incessantemente ritorna: non la durezza e lo scuotimento dell’episodio in sé, che è impossibile ricordare esattamente, ma quel misto di verità e bugia con cui Placidia ha fatto i conti ed ora porta in segreta custodia. Nel cuore, si sa, non si entra impunemente; e tuttavia, proprio nel punto dove gli storici si arrestano, i poeti spiccano il volo e allora nasce Tappeto orientale, vigoroso manifesto della poetica “barbarica” di Pasolini.

Pasolini

Il Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini, in una scena a Matera

Quando Pasolini si trova nel 1963 in Terrasanta, in vista del suo film su Matteo, quello che lo impressiona davanti al lago di Tiberiade è “l’estrema piccolezza, la misura e l’umiltà di quel posto”. Nella sua lirica, la barbarie, assieme alla piccolezza, probabile riferimento simbolico a tutto ciò che è marginale ma di grande valore, diviene qualcosa di regale, addirittura uno degli aspetti poetici della vita, identificata nella storia di Galla Placidia, figlia dell’imperatore Teodosio I che, dopo essere stata vittima del sacco di Roma e rapita da Alarico, va in sposa al barbaro Ataulfo, diventando così la regina dei visigoti.

La piccolezza. La barbarie. Ecco le due poesie della vita.

La scomparsa inappellabile. Di Galla Placidia, La persistenza della piccolezza

Della barbarie.

La “scomparsa inappellabile” della donna romana divenuta barbara torna due volte nel componimento e ritorna ancora nella contemplazione del sacello da lei edificato a Ravenna, in cui l’architettura si svela in tutta la sua bellezza, con la volta di stelle e di affreschi orientali, un tappeto che avvolge chiunque vi entri. L’entusiasmo dilagante della descrizione si conclude con un atto riflessivo sulle radici barbariche della nostra esistenza poiché l’ammirazione del mausoleo “Gloria gotica” induce a pensare che “simili depositi lasciarono uomini / che – incredibile – sono i nostri padri”.

La stupefazione di Pasolini potrà divenire anche la nostra se riusciremo a sentire dentro di noi che quel mausoleo costituisca per davvero la più autentica “autobiografia” realizzata da Placidia, inutilmente ricercata tra le carte da generazioni di storici alla scoperta di un tale e prezioso documento. Il mausoleo è lì da più di 1500 anni e solo grazie al “barbaro” Pasolini oggi possiamo affermare che veramente quel sacello contiene le prove più autentiche di una vita, protetta ancora dal silenzio concavo della memoria di Placidia.

Ho inteso dunque suddividere quelle prove testimoniali percorrendo, sotto forma di flash, la sequenza dei mosaici che ci vengono incontro fin dal nostro ingresso nella penombra del mausoleo.

Galla Placidia
Cielo Galla Placidia Mosaico

Le volte a botte dei bracci nord e sud

Le volte a botte dei bracci nord e sud del Mausoleo presentano una decorazione floreale stilizzata che si dispiega su uno sfondo color indaco. L’impressione è quella di un tappeto o di una stoffa preziosa la cui decorazione è costituita da piccole margherite azzurre, i cui petali si dipartono da un globetto aureo che congiungono fiori rossi e bianchi. Rispettivamente a quattro e otto petali, di fattura stilizzata, contenuti entro circoli di varia tonalità di azzurro gli uni, bianchi e oro gli altri.

Dai circoli che attorniano i fiori bianchi si dipartono altri elementi floreali color azzurro e oro, tali da creare una struttura articolata e stilizzata allo stesso tempo, assai simile a quella dei cristalli di neve. Tale reticolato geometrico si perde nell’eleganza della decorazione che genera all’interno dell’edificio quell’atmosfera irripetibile di “cielo senza tempo” a sua volta esaltata dalla luce che filtra dagli alabastri delle finestre.

“Temi ornamentali simili non si riscontrano nell’arte occidentale, mentre le maggiori affinità si notano con tessuti di seta egiziani improntati al gusto dell’arte sassanide in cui i motivi si susseguono creando decorazioni bidimensionali, come si possono riscontrare ad esempio nei mosaici della volta a botte del vestibolo della cappella arcivescovile in Ravenna. Ciò fa supporre che le sete e i tessuti in genere siano stati impiegati come fonte di ispirazione per la decorazione musiva, sia parietale che pavimentale” (Silvia Pasi 1996).

(CONTINUA NELLA PROSSIMA PUNTATA)