CAMPANELLE FEMMINISTE / 5 / La vita di una donna vale 24 anni di carcere? Lui potrà rifarsi una vita. Elisa non c’è più. È una di meno

Cinque e sei luglio 2021, Corte d’Assise di Ravenna per il femminicidio di Elisa Bravi. La vita di una donna vale 24 anni di carcere. L’ha sentenziato la Corte di Ravenna alla sesta udienza del processo per omicidio pluriaggravato dalla relazione familiare, contro Riccardo Pondi, che ha confessato di aver strozzato la moglie Elisa Bravi, davanti alle figlie di 3 e 6 anni. Con la buona condotta, la pena scontata ai domiciliari, qualche premio per la sua mestizia e il femminicida, fra dodici, quindici anni è probabile che esca dal carcere. Avrà meno di sessant’anni. Potrà rifarsi una vita.

Elisa non farà più nulla. Non c’è. È una donna in meno. Elisa Bravi è la numero 103 nell’elenco delle donne uccise da un partner o ex nel 2019.

Rabbia, delusione, indignazione. Sconfitta delle donne. Vittoria del patriarcato. Tante le riflessioni in un momento in cui si tocca con mano come questa sentenza non renda giustizia a Elisa, alle sue figlie, ai suoi genitori e a tutte le donne. Eppure gli elementi per una condanna all’ergastolo c’erano tutti.

L’aveva chiesta durante la quinta udienza la Pm, Lucrezia Ciriello, dando voce e corpo a Elisa Bravi, riportando le sue parole nei messaggi, nelle telefonate, nelle confidenze alla madre e alle amiche. Nella sua requisitoria ha ricostruito la storia di quella coppia. Dall’inizio della loro convivenza, quando Elisa aveva 19 anni e Pondi 31, fino alla notte fra il 18 e il 19 dicembre del 2019.

Ma come si è giunti a ridurre la pena a 24 anni? È una questione matematica, un conto della spesa. Una compensazione fra bene e male. Da una parte le aggravanti proposte dalla Pubblica accusa: Pondi ha ucciso sua moglie stringendole le mani al collo e facendola morire per asfissia, l’ha uccisa di notte in camera da letto, dove nessuno poteva soccorrerla e in presenza delle bambine. Solo queste valgono ben un ergastolo!

Dall’altra parte le attenuanti generiche chieste dai difensori dell’imputato: Pondi è incensurato, ha confessato, collaborato e risposto a tutte le domande degli inquirenti fin da subito, è stato sincero, durante il dibattimento ha ascoltato composto e in silenzio, si è spogliato di ogni bene in favore delle figlie.

Per compensazione, aggravanti e attenuanti la Corte ha deciso di azzerarle. Uno meno uno, pareggio. Pari e patta. Dal conteggio è rimasto solo l’omicidio volontario. 24 anni.

Facciamo la prova del nove. Le bambine non esistono. È stato ignorato che nei loro occhi resterà sempre impressa l’immagine di quella notte di dicembre. Il loro trauma vale quanto il fatto che il loro padre abbia già predisposto di dar loro il suo patrimonio?

Sarebbe potuto tornare indietro una dieci cento volte, ma non si è fermato.” Non le ha viste? Ma come? Non era così preoccupato del poco tempo che dedicava loro? Non temeva che gliele portassero via? Era talmente preoccupato per loro da traumatizzarle per tutta la vita. Perderle forse per sempre, per mano sua.

Le campanelle mi assordano. Nella sentenza, la presenza della loro assenza è soverchiante.

Compensazione aberrante, scandalosa, da matita blu.

Quanto alla parola “incensurato”, mi chiedo: siamo proprio sicuri? La parola “incensurato” la sostituirei con la parola “impunito”. Era incensurato perché non si è tenuto conto delle violenze psicologiche che Pondi ha praticato su Elisa, prima di ucciderla.

Pondi è un uomo sincero”, afferma il suo avvocato Cicognani, non ha niente da nascondere. Però tradiva Elisa mentre la accusava ingiustamente di avere una relazione col suo datore di lavoro.

L’avvocato si chiede: “Era geloso Pondi?”. E si risponde anche: “Lo era come la maggior parte dei mariti”. Si spande per aria un acre odore di stereotipo culturale.

E se invece di gelosia si trattasse di invidia? Invidia della superiorità umana e lavorativa della moglie? Invidia per la determinazione e la forza di “una donna ordinariamente straordinaria”, come l’ha definita la PM.

La gelosia non è un sentimento, ma un risentimento”, precisa Sonia Lama, avvocata dell’Udi, che introduce un punto mancante nel capo d’imputazione: “Per almeno due mesi Pondi ha perseguitato e molestato Elisa. Una violenza psicologica subdola fatta di illazioni e denigrazioni continue. Il reato di stalking poteva concorrere con il reato di omicidio.” Così ha deciso nel 2019 la Corte di Cassazione nella sentenza di ergastolo per Paduano che ha ucciso Sara di Pietrantonio in cui il reato di omicidio e quello per stalking sono stati sommati. Nulla di tutto ciò è traspare in questa sentenza.

A nulla è valsa la crudeltà dell’esecuzione di Elisa. Quando il suo legale ha detto che Pondi “ha sempre avuto un atteggiamento protettivo nei confronti di Elisa”, non può non tornare in mente la deposizione della medico legale: “Per uccidere con le mani al collo occorrono dai tre ai cinque minuti per una persona inerme, invece Elisa ha lottato, si è difesa, non è stata una morte repentina”. Come può non essere un’aggravante, l’agonia inflitta a mani nude?

Suonano le campanelle anche quando il difensore Manetti dice: “Non siamo qui per evitare ulteriori reati”. Quale miope visione! È così evidente quali siano gli elementi comuni in tutti i femminicidi. Primo fra tutti il dominio di origine patriarcale che impera ancora oggi all’interno di molte coppie. E delle radici culturali della violenza di genere. Ebbene noi donne siamo qui proprio per contribuire, con la presenza dei nostri corpi e dei nostri pensieri, all’eliminazione della violenza contro le donne da parte degli uomini violenti. Se ne faccia una ragione.

Come è possibile compensare tanto male?

Il corto circuito invocato dalla difesa non è idoneo a giustificare una perdita di coscienza. Quello che accade in questi processi è che ci si appelli all’infermità mentale: è l’unica scappatoia” dice nella sua arringa Annalisa Porrari, che rappresenta le bambine, i genitori e lo zio di Elisa.

Faccio mie le parole dell’avvocata Manuela Liverani, che rappresenta i Comuni della Bassa Romagna e di Bagnacavallo: “ Il movente sta nella banalità del male nella relazione tra uomini e donne”, in cui uomini banali, come Pondi, hanno ucciso le loro partner o ex.

Aggiungo una frase della Pm: “Non è un mostro ma un uomo ordinario che non ha sopportato la capacità di Elisa di sostenere la famiglia. Ha tirato fuori la bestia che è in lui, che in Italia gli uomini tirano fuori ogni tre giorni per uccidere le proprie compagne.”

Manuela Liverani fornisce dei dati agghiaccianti: “Si chiamavano Paola, Maurizia, Nicoletta, Yanexi, Pia, Rosa, Elisa le sette donne uccise dal 1991 ad oggi nei Comuni della Bassa Romagna. Tutte uccise da uomini che dicevano di amarle”.

Maddalena Introna, Dalla parte dei minori ci ricorda e aggiunge: “Sono mille seicento i bambini e le bambine che dal 2000 al 2014, in Italia, sono diventati orfani perché la loro madre è stata uccisa dal loro padre.” Dopo, nessuno li ha più contati.

E se fossero le donne a tirar fuori la ‘bestia’, ammesso che ce l’abbiano dentro? Se ogni tre giorni una donna uccidesse il partner o l’ex? Quale mostro tirerebbero fuori? Sterminator? Tutte le donne che esercitano il diritto alla propria determinazione, alle proprie scelte, sarebbero preventivamente eliminate?

Conclude la sua arringa l’avvocata Monica Miserocchi, di Demetra – Donne in aiuto: “ Elisa ha tentato di salvare il suo sogno d’amore e non ha compreso il pericolo che correva”.

Già. Non è facile riconoscere la violenza all’interno della coppia! Né per le donne che la subiscono, né per le istituzioni che dovrebbero prevenirla, né nei tribunali che dovrebbero punirla secondo la legge. E il sogno d’amore? Un sogno da donne che vedono una fusione assoluta e miracolosa di due esseri complementari da trasformarsi in un solo essere armonioso.

A Pondi, che in aula è stato presente sotto forma di un fermo immagine dietro le sbarre, spetta l’ultima parola dopo le requisitorie e arringhe, prima che la Corte si ritiri in camera di consiglio.

Fra un sospiro, un singhiozzo e una tirata su col naso, ha ricordato quanto lui ed Elisa prendessero sempre le decisioni in coppia “si è sempre messa da parte per me, le cose le abbiamo sempre decise assieme. Non mi sarei mai immaginato di fare del male a mia moglie, che mi ha regalato due figlie, e alle persone che ho sempre avuto più vicino.” Vorremmo ricordargli che comunque quando Elisa ha cercato di decidere senza di lui, l’ha eliminata dalla coppia e ha buttato da parte le figlie e “chi lo ha sempre trattato come un figlio.”

E per dire chi era Elisa si è limitato a copiare le parole della PM: era una donna ordinariamente straordinaria. Nulla di più. “I suoi pensieri sbagliati non sono altro che pensieri malati, ma non patologici”, aveva detto la dottoressa Ciriello.

Poco hanno da cantar vittoria gli avvocati difensori grondanti di soddisfazione nonostante non siano riusciti a far passare il vizio parziale di mente per ottenere una condanna inferiore.

Noi donne dalla parte di Elisa, delle bambine, della mamma, del babbo e dello zio ci fermiamo a riflettere su che cosa ha rappresentato esserci costituite parti civili. Se non l’avessimo fatto, non sarebbero state eseguite così tante valutazioni psichiatriche, e probabilmente la tesi dello psichiatra della difesa avrebbe portato la Corte a dichiarare l’imputato incapace di intendere e volere e l’imputato avrebbe ottenuto uno sconto di pena di un terzo, probabilmente sarebbe stato condannato a 16 anni, scontabili, magari a 12 a causa di quella perversa contabilità di compensazione fra aggravanti e attenuanti.

Ma questa non è una partita, è un femminicidio e a perdere davvero è stata Elisa. Allora, pensando a lei e tutte le donne uccise da uomini violenti, resteremo qui, nei tribunali e nelle piazze, col nostro impegno e militanza, fino a che non ci sarà nessuna donna in meno per colpa di un uomo violento. Passo dopo passo smascherando sessismi, maschilismi, pregiudizi e stereotipi.

La risposta giusta è nella legge, basta solo applicarla”, ha detto la Pm. E chi la deve applicare se non i giudici? La risposta giusta sarebbero i ventiquattro anni? Quante leggi inattese oggi!

La Corte si ritira. Fra novanta giorni avremo le motivazioni della sentenza. La mamma di Elisa non trattiene le lacrime. Il padre s’aggrappa allo schienale di una sedia. Pondi torna in carcere. Uno scampanellio interrompe i ragionamenti.

Irrompono in aula due Campanelle che si tengono per mano. Una è Piccola e l’altra più Grande. Avanzano sicure. Parlano con un’unica voce. E chiedono: “Il papà ha detto perché ha ucciso la nostra mamma? Ha chiesto perdono? Almeno si è scusato? Lo pretendeva sempre da noi quando facevamo qualcosa di sbagliato.”

La domanda cade nel vuoto e il punto interrogativo fa un gran rumore.

Commenti

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  1. Scritto da Luca

    Se i Giudici hanno ritenuto opportuno dare 24 anni di pena, è possibile che, oltre alle attenuanti concesse alla difesa, ci siano “risvolti” non divulgati dai mass media, che hanno fatto loro prendere una decisione in questa direzione.

    Personalmente, sono veramente stufo dell’atteggiamento delle Campanelle Femministe, pronte a pubblicare, col benestare della testata, articoli faziosi e manifestamente “di parte”, che inquadrano le vicende in un’ottica distorta congeniale alle loro tesi…

    Speravo che, dopo mesi di articoli come questo, con l’arrivo della sentenza, avrebbero accettato quanto deciso, nel bene e nel male.

    Niente di tutto ciò, probabilmente, le Campanelle Femministe, sanno tutto sulla vicenda, sono esperte di diritto e si sentono di ergersi a giudici dalla loro sedia.

    Più competenti sulla vicenda degli stessi giudici che hanno giudicato, che in udienza hanno potuto ascoltare più particolari, per poter affermare che la pena non è congrua.

    Oppure, impressione mia, a loro in fondo non interessa molto come sia andata la vicenda, né di descriverla “imparzialmente”, l’importante è tenere “alto” il vessillo femminista, e dare addosso agli uomini, a prescindere.

    D’altronde, sono Campanelle Femministe, ci può stare una visione delle cose “femminista”, no?

  2. Scritto da Aldo

    Altro che 24 anni, tra 10 comincerà a uscire con permessi premio poi la semilibertà ecc ecc.

  3. Scritto da Direttore

    Gentile Luca, le Campanelle Femministe di Carla Baroncelli sono un punto di vista di parte dichiarato. È il punto di vista di donne, dalla parte delle donne. Che donne parlino di donne ammazzate dai “loro” uomini è il minimo che possa accadere. Per fortuna accade. Per fortuna non stanno zitte e buone. Ringraziamo Carla Baroncelli per l’impegno e la passione civile e femminista con cui si sta battendo per la causa delle donne, contro la violenza sulle donne, contro il delitto di femminicidio. Perché è inutile girarci attorno: se ci sono uomini che ammazzano le donne, questa cosa non possiamo continuare a chiamarla amore o conseguenza dell’amore. È un’altra cosa. Non sempre poi la giustizia sa rendere completa giustizia. Né sa spiegare perché certe cose accadono, tantomeno sa evitare che accadano ancora e ancora e ancora. LA REDAZIONE

  4. Scritto da batti

    LUCA, premetto che sono contro la vendette di stato. è in discussione la VITA di una persona, mamma di bimbi, figlia di genitori, e pure i suoi genitori di lui staranno pagando. non so quantificare oppure si puo’ quantificare in anni il dolore provocato a cosi tante persone e così tanto dolore.

  5. Scritto da Maria

    La libertà di parola ci dà diritto di esternare lo schifo di leggi scritte da ministri che non capiscono la gravità di un assassinio. E morta, non c’è più, e l’assassino ha ancora dei privilegi!!!!!

  6. Scritto da Ettore

    Luca nessun “risvolto” può giustificare l’omicidio di una moglie di fronte ai sui figli. Di che secolo sei?

  7. Scritto da Alex

    Carissimo Luca , se fosse stata ammazzata in quel modo tua figlia, vorrei proprio vedere se i 24 anni dati ( teniamo presente che ne verranno scontati un max di 10 in carcere) ti possono bastare, campanelle femministe o meno.

  8. Scritto da Filippo

    Luca ha ragione.
    Come per commentare il calcio, sarebbe opportuno affidarsi a tecnici o ex sportivi professionisti, per commentare i ponti e le costruzioni, bisogna rivolgersi ad ingegneri, per parlare di Covid, si domanda lumi a virologi e infettivologi, per commentare il codice di procedura penale e le sentenze della magistratura servirebbero costituzionalisti, giurusti, professori uninversitari del diritto.